L’Ue avvia infrazioni su R. cittadinanza e Assegno unico

Requisiti residenza discriminano cittadini Ue e extracomunitari

Giuseppe Conte e Mario Draghi

Doppia bordata della Commissione europea a due provvedimenti chiave sulle politiche sociali in Italia negli ultimi anni. L’esecutivo comunitario ha infatti annunciato di aver avviato una procedura di infrazione contro la penisola, inviando una lettera di costituzione in mora sul Reddito di cittadinanza, varato nel 2019 dal primo governo Conte. E con provvedimento separato ha avviato una procedura analoga in merito all’Assegno unico per i figli, introdotto nel 2021 sotto l’esecutivo Draghi al termine di un processo pluriennale di revisione delle normative sul tema. In entrambi i casi, secondo l’esecutivo comunitario questi sussidi risultano “discriminatori” riguardo al trattamento dei cittadini Ue e extracomunitari e violano le regole comuni sulla libertà di circolazione dei lavoratori.

Guardando al Reddito di cittadinanza, “non è in linea con le normative Ue sulla libera circolazione dei lavoratori, sui diritti dei lavoratori e sulla tutela dei residenti esteri di lungo termine”, sostiene la Commissione con un comunicato. L’accesso al sussidio prevede tra i requisiti di aver soggiornato nel paese per 10 anni, di cui 2 consecutivi, prima di poter presentare la richiesta. Ma “a norma del regolamento Ue 492 del 2011 e della direttiva 38 del 2004, le prestazioni di sicurezza sociale come il ‘reddito di cittadinanza’ dovrebbero essere pienamente accessibili ai cittadini dell’Unione che sono lavoratori subordinati, o autonomi, o che hanno perso il lavoro, indipendentemente da dove abbiano soggiornato in passato”. “Inoltre, i cittadini dell’Ue non impegnati in un’attività lavorativa per altri motivi dovrebbero poter beneficiare della prestazione alla sola condizione di essere legalmente residenti in Italia da almeno tre mesi”, si legge. Sempre secondo l`esecutivo comunitario una direttiva del 2003 (la 103) richiede che i residenti di lungo termine extracomunitari abbiano a loro volta accesso a questo tipo di sussidi. E “il requisito dei 10 anni di residenza si configura come discriminazione indiretta, in quanto è più probabile che i cittadini non italiani non riescano a soddisfare tale criterio”.

Lo schema, poi “discrimina direttamente i beneficiari di protezione internazionale (profughi/rifugiati) che non sono ammissibili al reddito in violazione della direttiva 95 del 2011”. Peraltro il requisito sulla residenza “potrebbe impedire agli italiani di trasferirsi al di fuori del paese per motivi di lavoro – dice ancora la Commissione – in quanto non avrebbero diritto al reddito minimo al rientro in Italia”. Sulla procedura avviata in parallelo riguardo “l’Assegno unico e universale per i figli a carico” delle famiglie, l’Ue rileva anche la mancata attuazione delle normative europee sul coordinamento delle misure di welfare sociale (in base al regolamento 883 del 2004). Il provvedimento riguarda coloro che siano legalmente residenti in Italia da almeno due anni e unicamente se abitino nella stessa casa con i loro figli. “Secondo il parere della Commissione questa normativa è in contrasto con il diritto dell’Unione in quanto non tratta i cittadini dell’Ue in modo equo e si qualifica pertanto come discriminazione”, si legge.

La Commissione afferma inoltre che “il regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale vieta inoltre qualsiasi requisito di residenza ai fini della percezione di prestazioni di sicurezza sociale, quali gli assegni familiari”. Sia sul Reddito, sia sull’Assegno unico ora il governo ha due mesi di tempo per intervenire sui rilievi che sono stati mossi, altrimenti la Commissione potrebbe procederà ad inviare stavolta un “parere motivato”, che sarebbe il secondo stadio della procedura di infrazione e prelude, in caso di mancata risposta soddisfacente, il ricorso alla Corte di giustizia Ue.