di Maurizio Balistreri
Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha presentato davanti alla plenaria dell’Europarlamento a Strasburgo, un “programma positivo” per i prossimi 12 mesi (una serie di nuove iniziative legislative, nuovi investimenti con il raddoppio del “Piano Juncker”, e persino una vera e propria “capacità di difesa” dell’Ue) per rilanciare il progetto europeo in crisi di legittimità, attaccato da diversi fronti e forze disgregatrici (compresi alcuni governi degli Stati membri), e in preda all’incertezza a causa della Brexit. Juncker ha anche confermato la nuova linea della Commissione favorevole alla flessibilità nell’applicazione delle regole di bilancio (“il Patto di Stabilità deve essere applicato con flessibilità intelligente per non ostacolare la crescita”), e, dopo il consueto attacco ai populismi “che non risolvono nulla”, ha negato che la Brexit (“una decisione che rispettiamo ma deploriamo”) sia l’inizio della disgregazione dell’Unione; ci sarà “un nuovo patto” con il Regno Unito, e sarebbe bene che Londra decidesse presto di dare avvio al negoziato, ma, ha avvertito il presidente della Commissione, sia chiaro che “non ci sarà accesso al mercato unico europeo senza la libera circolazione delle persone” al suo interno. Juncker ha poi difeso l’accordo di libero scambio con il Canada (il Ceta), firmato ma non ancora ratificato dall’Ue, che ha definito “l’accordo commerciale migliore e più progressista da noi mai concluso”, non spendendosi invece a favore del Ttip, l’altro, e molto più controverso, accordo transatlantico in corso di negoziato (ormai arenatosi) con gli Stati Uniti.
Il presidente della Commissione ha propugnato un’accelerazione nel processo decisionale per approvare l’Unione dei mercati dei capitali e la proposta sulle cartolarizzazioni. “Le banche oggi stanno meglio in Europa, ma l’economia non può dipendere solo dalle banche; l’unione dei mercati dei capitali renderà l’economia europea più resistente: se per esempio una start-up si vede rifiutare un prestito da una banca avrà la possibilità di rivolgersi ad altre fonti di finanziamento sul mercato”. E quanto alla proposta sulle cartolarizzazioni (che dovrebbe renderle più affidabili, trasparenti e sicure nell’Ue), secondo Juncker racchiude un potenziale di “100 miliardi di euro in più di finanziamenti” per le imprese. Riguardo all’euro, il presidente della Commissione ha sottolineato in particolare l’azione positiva della Banca centrale europea sotto la guida di Mario Draghi, che ha portato “benefici spesso invisibili”. In particolare, “i paesi membri dell’Eurozona hanno risparmiato quest’anno 50 miliardi di euro di interessi grazie alla politica monetaria della Bce, 50 miliardi che in più che i nostri ministri delle Finanze possono e devono investire nell’economia”. Intanto, ha sottolineato, “la media di deficit di bilancio della zona euro è passata dal 6,3% del Pil nel 2009 a meno del 2% oggi”. L’altra proposta concreta annunciata dal presidente della Commissione è il raddoppio della durata e della capacità finanziaria del cosiddetto “Piano Juncker” basato sul Fondo per gli investimenti strategici in Europa (Efsi), che, ha rivendicato il capo dell’Esecutivo Ue, ha già mobilizzato 116 miliardi di euro dei 315 previsti complessivamente. La proposta è di portare il Piano Juncker a 500 miliardi di euro di investimenti in totale entro il 2020, per poi arrivare al raddoppio, 630 miliardi, entro il 2022. “E con il contributo deglo Stati membri potremmo arrivarci anche prima”, ha detto Juncker.
Dopo aver perorato anche una rapida ratifica degli accordi climatici di Parigi (evitando “qualsiasi ritardo che ci renderebbe ridicoli”) ed espresso il proprio sostegno alla leadership cipriota per l’azione a favore di una rapida riunificazione dell’Isola, il presidente della Commissione ha sottolineato con forza che “l’Ue significa pace: non è una coincidenza che il più lungo periodo di pace nella storia dell’Europa sia cominciato con l’integrazione europea, 70 anni di pace mentre nel mondo continuano le guerre. Noi oggi lottiamo con le parole e risolviamo i nostri conflitti attorno a un tavolo e non in trincea”. Europa, ha ricordato ancora Juncker, significa “libertà, democrazia, stato di diritto”. Juncker sceglie di usare il tedesco nel suo discorso all’Europarlamento a Strasburgo, mentre molti pensavano che avrebbe optato per il francese, molto più difficilmente per l’inglese. Una scelta che suona come un avvertimento a Angela Merkel sullo stato dell’Unione europea che indiscutibilmente ha bisogno di un cambio di rotta. Per Juncker è stato il primo discorso a Strasburgo da quando il Regno Unito ha deciso di uscire dall’Ue. “I nostri amici e partner nel mondo, tutti profondamente dispiaciuti per la Brexit, si chiedono preoccupati se la decisione britannica sia l’inizio di un processo di dissoluzione dell’Unione Europea – ha detto -. Dico qui e oggi: rispettiamo e siamo dispiaciuti allo stesso tempo per la decisione britannica, ma l’esistenza dell’Unione europea non è a rischio”.