L’Europarlamento si prepara al dopo Schulz, Tajani e altri candidati del Ppe puntano alla presidenza
L’ELEZIONE L’euro depuatato di FI oggi vicepresidente vicario, è certamente uno dei candidati più qualificati
La decisione, annunciata oggi dal presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz, di non ricandidarsi per la terza volta alla guida dell’Assemblea di Strasburgo, apre la strada a una serie di candidati potenziali soprattutto all’interno del Ppe, compreso l’italiano Antonio Tajani (foto) di Forza Italia. Tajani, conosciutissimo per essere stato ex presidente della delegazione italiana del Ppe e soprattutto ex commissario europeo all’Industria, è oggi vicepresidente vicario del Parlamento europeo (ovvero, il primo fra i 14 vicepresidenti, quello che ha preso più voti, 452, più dei 409 presi da Schulz come presidente), ed è certamente uno dei candidati più qualificati. Come vicepresidente dell’Assemblea, ha le competenze per la sicurezza e per la procedura di conciliazione nell’iter co-legislativo con il Consiglio Ue. Ma Tajani ha molti concorrenti nel Ppe, sebbene ancora potenziali. Ecco una lista non esaustiva, perché non ci sono ancora state candidature ufficiali. Prima di tutto il francese Alain Lamassoure, molto rispettato ed espertissimo di questioni di bilancio, oggi presidente della commissione speciale sui “tax ruling”. Poi l’irlandese Mairead McGuiness, (del Fine Gael), che è attualmente vicepresidente dell’Assemblea con competenza per la politica di informazione e comunicazione.
Inoltre, l’attuale capogruppo del Ppe, Manfred Weber, tedesco come Schulz, che però potrebbe essere sfavorito dal fatto di aver spesso, negli anni scorsi attaccato i Socialisti da posizioni pro-austerità. Altri nomi che circolano sono quello del leader degli eurodeputati austriaci del Ppe, Othmar Karas, presidente della delegazione dell’Europarlamento per i rapporti con la Russia, e di Gunnar Hökmark, capodelegazione degli eurodeputati popolari svedesi, e poi l’ex primo ministro sloveno Alojz Peterle, primo capo di governo del suo paese dopo la secessione dalla ex Jugoslavia, e autore della dichiarazione d’indipendenza di Lubliana nel 1991. Il Ppe, gruppo politico di maggioranza relativa, si aspetta di avere la presidenza dell’Europarlamento. Innanzitutto per aver “saltato un giro” a causa dell’accordo di coalizione con i Socialisti e Demcratici (e con i Liberaldemocratici) a sostegno della Commissione di Jean-Claude Juncker. L’accordo di coalizione ha portato alla riconferma di Schulz per il secondo mandato, due anni e mezzo fa, invece di sostituirlo con un Popolare, come prevedeva l’intesa fra i due gruppi maggiori.
Il Ppe, inoltre, respinge le critiche dei Socialisti (e di altri gruppi) che paventano la conquista da parte del Ppe di tutti i vertici delle istituzioni europee, e vorrebbero mettere in gioco – in caso di elezione di un popolare alla presidenza dell’Europarlmento – la riconferma per altri due anni e mezzo, nel 2017, del popolare Donald Tusk alla presidenza del Consiglio europeo. I Popolari sostengono che la presidenza dell’Europarlamento non dovrebbe entrare nel gioco della distribuzione fra i maggiori partiti delle cariche apicali dell’Ue. Questo gioco, affermano, dovrebbe limitarsi a tre nomine decise in base all’accordo fra i governi: le presidenze del Consiglio europeo (Tusk, popolare) e della Commissione europea (Juncker, popolare), e l’Alto Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune (Federica Mogherini, socialista); il presidente del Parlamento europeo non c’entra, perché è eletto dagli eurodeputati autonomamente dai governi, e secondo l’accordo fra i due gruppi maggiori che normalmente prevede (finora con poche eccezioni) mezza legislatura ai Socialisti e mezza ai Popolari.