L’Europarlamento si spacca, scontro su investimenti verdi in nucleare e gas

L’Europarlamento si spacca, scontro su investimenti verdi in nucleare e gas
La Plenaria di Strasburgo
5 luglio 2022

Lungo e acceso dibattito nella plenaria del Parlamento europeo, oggi a Strasburgo, tra i favorevoli e i contrari all’inserimento delle gas e del nucleare tra le attività economiche classificate come ‘sostenibili’ dal punto di vista ambientale e climatica per poter avere accesso gli investimenti ‘verdi’ dal settore privato. La plenaria deve votare domani una mozione che boccia un ‘atto delegato’ della Commissione europea secondo cui il gas e il nucleare rispetterebbero i criteri di classificazione (‘tassonomia’) degli investimenti verdi, anche se solo temporaneamente, come fonti ‘di transizione’, e a certe condizioni. Il confronto in aula oggi ha assunto toni surrealistici, quando i sostenitori delle due diverse posizioni hanno ripetutamente sostenuto le stesse argomentazioni per arrivare a conclusioni diametralmente opposte.

E’ successo, in particolare, con il riferimento alla guerra russa in Ucraina: per i Verdi e la Sinistra, la maggioranza dei Socialisti e Democratici (S&D), una parte del Ppe e una minoranza di Renew (Liberaldemocratici), i criteri di classificazione (‘tassonomia’) degli investimenti verdi che la Commissione europea propone di allargare temporaneamente al gas e al nucleare come fonti energetiche di transizione, sono diventati ‘obsoleti’, perché basati sull’idea di un’era geopolitica finita, secondo cui sarebbe stato disponibile e affidabile il gas a buon mercato dalla Russia. Oggi è chiaro che il gas russo, che finanzia la guerra di Putin, non può far parte della soluzione che l’Ue sta cercando per la transizione e per la fine della sua dipendenza dalle fonti fossili. Ma per gli europarlamentari della destra (Conservatori dell’Ecr e sovranisti dell’Id), della maggioranza di Renew, di una buona parte del Ppe e anche di una frazione di dissidenti socialisti, lo stesso discorso può essere fatto in senso opposto: la guerra di Putin rende più urgente la necessità di continuare a finanziare le attività economiche legate al nucleare, come alternativa alle fonti fossili durante la transizione, e anche al gas, quello proveniente da altri fornitori che può sostituire le importazioni dalla Russia. Occorre una soluzione pragmatica che non freni o disincentivi gli investimenti necessari per far fronte alla crisi energetica causata dalla guerra.

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Su questa seconda posizione si sono espressi nel pomeriggio la Commissione, come previsto in plenaria, e, a sorpresa, il ministro ucraino dell’Energia, con una lettera alle commissioni parlamentari competenti. Durante il dibattito, la commissaria Ue ai Servizi finanziari, Mairead McGuinness, ha sostenuto che l’inserimento del nucleare e del gas nella Tassonomia verde “non aumenta la nostra dipendenza dal gas russo”. Anzi, “ci aiuta a cercare fonti alternative di gas, in particolare Gnl (gas naturale liquefatto, ndr) dai nostri partner internazionali”. E, ha continuato McGuinness, “indica che sosteniamo gli investimenti nelle infrastrutture, nelle centrali a gas, durante la transizione. Abbiamo bisogno di queste fonti alternative per eliminare la nostra dipendenza dal gas russo”. “Oggi – ha aggiunto la commissaria – stiamo assistendo a ciò che credevamo impensabile: alcuni Stati membri stanno riaprendo le centrali a carbone a causa delle preoccupazioni in fatto di sicurezza energetica”. E l’atto delegato con cui la Commissione attribuisce provvisoriamente la ‘patente verde’ al gas e al nucleare “è allo stesso tempo pragmatico e realistico, data l’incertezza dei tempi in cui viviamo”.

Ma il fattore che più potrebbe spostare una parte dei voti degli eurodeputati incerti a favore dell’atto delegato pro gas e nucleare è stato la lettera, assolutamente imprevista, arrivata poco prima del dibattito alle commissioni competenti del Parlamento europeo, in cui il ministro dell’Energia ucraino, German Galushenko, difende a spada tratta la scelta di inseriree il gas e il nucleare nella Tassonomia verde. “La ricostruzione postbellica dell’Ucraina – scrive Galushenko – richiederà un piano prevedibile e un clima favorevole agli investimenti per tutte le tecnologie che rafforzerebbero la resilienza dell’energia ucraina e il contributo dell’Ucraina alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico nell’Ue”. “Si stima – aggiunge il ministro ucraino – che la produzione di energia nucleare e la produzione locale di gas rimarranno una forte spina dorsale per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e la sovranità dell’Ucraina nel prossimo decennio (fino al 2030)”. “L’Ucraina – continua Galushenko nella sua lettera – può contribuire a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di gas nell’Ue fornendo le sue strutture di stoccaggio sotterranee”, che hanno “una capacità tecnica pari a 30,95 miliardi di metri cubi di gas”, da cui “bisogna escludere 4,66 miliardi di metri cubi necessari per lo stoccaggio di riserva a lungo termine” del Paese. Resta disponibile quindi “un livello massimo di gas tecnologicamente attivo pari a 26,3 miliardi di metri cubi”.

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“Almeno 10 miliardi di metri cubi dai depositi di gas sotterranei ucraini – sottolinea il ministro dell’Energia di Kiew – potrebbero essere usati per raggiungere l’obiettivo, recentemente approvato, di riempimento dei depositi di stoccaggio dell’Ue pari all’80% quest’anno e al 90% a partire dal prossimo anno”, da raggiungere prima dell’inizio dell’inverno. Alla luce di tutto questo, conclude Galushenko, “credo fermamente che l’inclusione del gas e del nucleare nella Tassonomia” verde dell’Ue “sia un elemento importante della sicurezza energetica in Europa, soprattutto in vista della sostituzione del gas russo”. La controversa posizione assunta dalla Commissione a favore del gas e del nucleare (con tre commissari contrari e quattro che hanno espresso riserve) doveva essere basata su criteri oggettivi e su basi scientifiche, ma è stata fortemente influenzata dalla convergenza di forti pressioni provenienti da due distinti gruppi di Stati membri, guidati rispettivamente dalla Francia (per il nucleare) e dalla Germania (per il gas, con l’appoggio dei paesi dell’Est e anche dell’Italia). Lo scopo della Tassonomia, secondo il regolamento Ue che l’ha istituita, è promuovere gli investimenti verdi nel settore privato, definendo chiaramente quali attività sono sostenibili e quali no, con uno ‘screening’ che tiene conto di sei obiettivi ambientali: mitigazione del riscaldamento globale e adattamento alle sue conseguenze, transizione all’economia circolare, protezione degli ambienti acquatici e delle risorse marine, prevenzione e controllo dell’inquinamento di aria, acqua e suolo, e infine protezione e della biodiversità e degli ecosistemi.

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Lo screening stabilisce se un’attività economica ‘contribuisce sostanzialmente’ al raggiungimento di almeno uno dei sei obiettivi, e allo stesso tempo se questo avviene senza ‘provocare un danno significativo’ (do not significant harm) a nessuno degli altri cinque. La ‘patente verde’ della Tassonomia viene attribuita solo quando entrambe queste condizioni sono rispettate. Lo scopo principle della Tassonomia verde era dare certezza agli investitori, evitando il ‘greenwashing’, ovvero la rivendicazione ingannevole, per motivi di marketing, di qualità e benefici ambientali per attività economiche e produzioni che in realtà non sono sostenibili. Ora la Commissione è accusata, paradossalmente, di voler fare della Tassonomia stessa uno strumento di greenwashing. Il gas è comunque una fonte di energia fossile, e il nucleare resta fonte di gravi rischi ambientali perché non è mai stato risolto il problema dello stoccaggio sicuro delle scorie radioattive, e resta sempre il rischio di incidenti gravissimi come quelli di Chernobyl e Fukushima. 

Nel calore del dibattito, spesso si dimentica che in fondo la Tassonomia è solo una guida per dare certezza agli investitori privati, incentiva gli investimenti verdi, ma non vieta affatto gli investimenti in attività che non sono classificate come sostenibili. Il 14 giugno scorso, le commissioni europarlamentari Ambiente e Affari economici, riunite in seduta congiunta a Bruxelles, avevano bocciato (76 voti contro 62 e 4 astensioni) l’atto delegato della Commissione europea. Per confermare quella bocciatura, la plenaria domani ha bisogno della maggioranza assoluta dei deputati (almeno 353 voti). In questo caso, la Commissione europea dovrà ritirare o modificare radicalmente l’atto delegato. Ma raramente l’incertezza sull’esito di una votazione del Parlamento europeo è stata così grande.

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