Voto di scambio, ex governatore Lombardo condannato a 2 anni. Cade accusa per mafia
Sentenza dopo circa nove ore di camera di consiglio. L’accusa aveva chiesto 7 anni e 8 mesi di carcere
L’ex governatore della Sicilia Raffaele Lombardo e’ stato condannato in appello a due anni per voto di scambio. Ma cade l’accusa per mafia. Il politico rispondeva di concorso esterno in associazione mafiosa. A emettere la sentenza la presidente della Terza sezione della Corte d’Appello di Catania Cristiana Carrubba, dopo circa otto ore e mezza di camera di consiglio (iniziata stamane poco dopo le 11), insieme ai giudici a latere Anna Gloria Muscarella e Fabio Ceraolo. L’accusa era sostenuta dal sostituto procuratore generale Sabrina Gambino e dal sostituto procuratore Agata Santanocito, applicata al processo: avevano chiesto 7 anni e 8 mesi di carcere. Lombardo in primo grado era stato condannato a 6 anni e 8 mesi. Condannato per voto di scambio a due anni di carcere, con interdizione dai pubblici uffici per lo stesso periodo, ma assolto dall’accusa piu’ infamante, quella per mafia. E’ questo, dunque, l’esito del processo d’appello a Catania. L’ex governatore Lombardo ha visto cosi’ cadere la pesante imputazione a suo carico di concorso esterno in associazione mafiosa. Il politico, notoriamente scaramantico, non ha voluto assistere alla lettura della sentenza. Era invece presente in occasione della ben piu’ robusta condanna in primo grado.
IL PROCESSO E’ il novembre 2010 quando viene a galla l’inchiesta “Iblis” dei carabinieri del Ros e Raffaele Lombardo, catanese di Grammichele e’ un politico in ascesa. Da possibile ministro del governo Berlusconi approda alla guida della Regione siciliana con il suo movimento autonomista Mpa, corteggiato dal centrodestra, con cui vince le elezioni nel 2008, e dal centrosinistra, insieme al quale, non molto tempo dopo, fa un accordo e vara una giunta ‘tecnica’ appoggiata dal Pd, tanto da ricevere dai suoi ex alleati l’accusa di ‘ribaltonista’. Ras della politica, forte di un plebiscito popolare, che per i suoi detrattori e’ semplicemente frutto di ‘clientele’, ottiene voti in crescendo, consensi che per la Procura in parte sono legati a Cosa nostra. Inizialmente l’inchiesta su presunti rapporti tra Cosa nostra, politica e imprenditori, tiene un profilo basso, da giudice monocratico, e sfocia in un processo per reato elettorale tanto che la procura guidata da Enzo D’Agata si limita a chiedere l’archiviazione per concorso esterno all’associazione mafiosa, una richiesta che il Gip Luigi Barone, in camera di consiglio, rigetta disponendo l’imputazione coatta. Nel frattempo i pm, con in campo il nuovo procuratore, lo ‘straniero’ Giovanni Salvi, contestano l’aggravante mafiosa per il reato elettorale, atto che di fatto conclude il processo davanti al giudice monocratico.
Le accuse contenute in due fascicoli confluiscono in un unico procedimento davanti al Gip Marina Rizza, arricchite da nuove accuse che la procura mano mano aggiunge. Si va col rito abbreviato e l’accusa avanza la condanna a 10 anni di reclusione “ritenendo che ci siano elementi solidi per affermare la sua responsabilita’ nell’avere contribuito all’organizzazione Cosa nostra per circa 10 anni, fino al 2009”. La sentenza arriva il 19 febbraio del 2014: e’ il Gup Marina Rizza a infliggere sei anni e otto mesi per concorso esterno all’associazione mafiosa, accusa che assorbe anche la contestazione del voto di scambio con Cosa nostra. Per il giudice sarebbero quindi provati dieci anni di contatti con il clan Santapaola-Ercolano, ma non quelli con il clan Cappello, reato dal quale Lombardo viene assolto. E’ la prima volta che un presidente della Regione siciliana e’ condannato per concorso esterno all’associazione mafiosa. La Sicilia ancora non si era ripresa dal trauma della fine per via giudiziaria della presidenza di un altro ‘acchiappa-voti’, Toto’ Cuffaro da Raffadali, poi condannato a 7 anni per favoreggiamento aggravato. Entrambi di formazione salesiana, entrambi medici, entrambi governatori disarcionati dalle accuse di mafia. Una ‘sentenza storica’ quella di Lombardo, la definisce il procuratore Giovanni Salvi. Raffaele, laconico, invece commenta: “Me l’aspettavo”. “E’ l’epilogo naturale – spieghera’ – del primo grado di giudizio, ma io sono sereno. Il giudice, oltre che onesta, per bene, imparziale, indipendente, non poteva avere un coraggio sovrumano, da schierarsi con una sentenza di assoluzione”. L’ex governatore riconosce ai suoi legali di avere “condotto una battaglia veramente straordinaria dal punta di vista professionale” e si richiama a “Sciascia, conoscendo il contesto”. “Man mano che la tensione si attenuera’ – rincara Lombardo – nei passaggi successivi affermeremo la verita’ anche perche’ i reati che mi vengono contestati sono assurdi e ridicoli”. Su questa base inizia il processo d’Appello. Che oggi si conclude, forse a sorpresa, con l’assoluzione dall’accusa di mafia e la condanna a due anni per il solo voto di scambio. Per il politico e il suo avvocato e’ un dato che sancisce soprattutto una cosa: “Lombardo non e’ un mafioso”.