L’ex leader Udc Marco Follini: “Il centro vince ma senza radicalismi”

Marco Follini

Marco Follini

In una recente intervista al Corriere della Sera, Marco Follini, ex leader dell’UDC e vicepremier nel secondo governo Berlusconi, ha discusso della rilevanza del centro nella politica italiana contemporanea. Secondo Follini, “Il centro ‘di questi tempi non va per la maggiore ma non credo che la politica italiana debba essere condannata in eterno a scegliere tra i troppi decibel della Meloni e il coro non proprio intonatissimo del campo largo’.”

L’eredità di Cavour

Follini sottolinea che la costruzione del centro è vincente, non perché la Democrazia Cristiana possa tornare, ma per il suo DNA politico che risale a Cavour: “Non c’è dubbio che chi costruisce il centro vince. Ma non perché torna la Dc. Più semplicemente perché l’unità d’Italia l’ha fatta Cavour, il primo centrista della politica italiana, mettendo insieme Garibaldi, Mazzini, Vittorio Emanuele e se stesso dimostrando che solo componendo i termini di tutti questi conflitti poteva nascere l’unità d’Italia”.

Condizioni per un centro efficace

Il centro, secondo Follini, “è uno spazio che si allarga se vengono rispettate certe condizioni. Il centro non è una moda. Non prevede leader troppo solitari, non contempla percorsi troppo trafelati. Ha a che vedere con la storia, non con la cronaca”. L’ex leader critica anche l’approccio di figure come Renzi e Calenda: “Gettare la croce addosso a Renzi e Calenda è un esercizio niente affatto epico, si può osservare con i loro caratteri non proprio pazienti non hanno dato una mano”.

Il convegno “Comunità democratica”

Parlando del convegno “Comunità democratica” organizzato da Delrio, Follini riconosce l’importanza del dibattito sui cattolici democratici nel PD: “Mi pare che a Milano si ponga il problema dei cattolici democratici del Pd. Problema che non trascuro, però segnalo che c’è un problema ancora più grande ed è quello dell’arcipelago centrista nell’oceano in tempesta della politica italiana. Possono essere parte di un centro più largo, a patto che si decida di allargare quel perimetro. Il tema non è cosa il centro chiede per se stesso ma cosa offre al paese. Penso che oggi il centro sia tutore di una certezza preziosa che è la collocazione internazionale del paese” che, secondo Follini, “Salvini a destra e Conte a sinistra” fanno vacillare.

Figure chiave e rischi di personalizzazione

Follini esprime apprezzamenti per alcuni possibili protagonisti del centro, come Ruffini, Sala e Gentiloni, ma con toni cauti: “Ruffini lo stimo, l’ho visto accompagnato da molte vicinanze loquaci, quindi la mia è più discreta. Sala non lo conosco, è un personaggio oracolare, quando lo ascolto mi sembra l’imperatore Adriano che detta le sue memorie a Marguerite Yourcenar. Gentiloni è un democristiano a sua insaputa ma se glielo dico si offende quindi non glielo dirò.” Avverte che un centro costruito su un leaderismo esasperato rischia di avere una base fragile: “se si costruisce il centro su un presupposto leaderistico e troppo incentrato sulle figure che stanno al vertice si rischia di costruire una piramide altissima con una base destinata a franare”.

L’attuale scenario politico

Infine, Follini commenta la leadership di Giorgia Meloni, notando la tendenza alla radicalizzazione: “Giorgia Meloni non vuole interpretare una leadership più moderata perché i protagonisti di questa stagione sono tutti legati al gioco della radicalizzazione reciproca, dell’estremizzazione spavalda. Ma questo tipo di politica è ai ferri corti col paese, questo gioco prima o poi finisce. La storia italiana dice che arriva sempre un momento in cui le aspettative degli elettori si rivolgono verso un’opera di ricucitura”.