Liberia, George Weah presidente: dal campo di calcio alla politica

28 dicembre 2017

Dalle bidonville di Monrovia a star del calcio internazionale negli anni ’90, George Weah si avvicina al sogno della sua seconda vita; essere eletto presidente della Liberia, Paese martoriato dalla guerra civile. A 51 anni, l’ex attaccante del Milan e del Psg ha vinto il ballottaggio delle presidenziali dopo essere arrivato nettamente in testa al primo turno del 10 ottobre in questo Paese anglofono dell’Africa occidentale, uno dei più poveri del mondo. L’ex centravanti ha affrontato in “finale” il vice presidente Joseph Boakai in un secondo turno programmato a novembre ma rinviato al 26 dicembre a causa dei ricorsi degli avversari. L’ex campione del Milan ha ottenuto il 61,5 per cento dei voti al secondo turno, che ha avuto luogo martedì, contro il 38,5 per cento del vicepresidente uscente Joseph Boakai, ha annunciato la Commissione elettorale nazionale dopo lo spoglio del 98,1 per cento. Attaccante del Paris Saint Germain e del Milan negli anni ’90, Weah succederà il 22 gennaio a Ellen Johnson Sirleaf. Unico africano ad aver vinto il Pallone d’Oro, nel 1995, Weah è stato a lungo assente dal Paese durante la guerra civile che ha fatto 250.000 morti fra 1989 e 2003. Entrato in politica alla fine del conflitto, è stato battuto al secondo turno delle presidenziali del 2005 da Ellen Johnson Sirleaf, prima donna eletta capo di Stato in Africa, poi candidata alla vice presidenza nel 2011.

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Quindici anni dopo aver appeso gli scarpini, assicura di aver “guadagnato esperienza” in politica e di aver imparato la lezione dalle sue sconfitte. Nel dicembre 2014, vince il suo primo mandato diventando senatore, distaccando nettamente uno dei figli di Sirleaf. “Nessuno dovrebbe avere paura del cambiamento. Guardate la mia vita: da calciatore mi sono trasformato in uomo politico”, ha lanciato durante la campagna. “Potete anche voi essere questa persona. Siamo tutti uguali”, ha aggiunto l’ex star del pallone, allevato dalla nonna a Gibraltar, bidonville di Monrovia.(segue) Ai critici, che giudicano il suo programma troppo vago e gli contestano l’assenteismo in Senato, replica illustrando il suo bilancio in materia di salute e istruzione, la sua vicinanza alla popolazione e le promesse. “Mi assicurerò che i nostri ospedali siano attrezzati, che i nostri medici e infermieri siano formati e incoraggiati a lavorare”. Weah ha scelto come vice Jewel Howard-Taylor, ex moglie dell’ex signore della guerra e presidente Charles Taylor (1997-2003), una senatrice rispettata. Ma George Weah, affermando che “tutti sono amici di Charles Taylor”, lo ripete: non ha contatti con l’ex presidente, condannato nel 2012 dalla giustizia internazionale a 50 anni di carcere per crimini contro l’umanità e crimini di guerra nella vicina Sierra Leone.

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Durante la guerra civile, Weah aveva chiesto all’Onu di salvare il suo Paese. Come ritorsione, i ribelli gli avevano bruciato la casa di Monrovia e preso in ostaggio due cugini. Membro dell’etnia kru, una delle principali della Liberia, non faceva parte pertanto dell’elite discendente dagli ex schiavi americani che dominano tradizionalmente la vita politica, George Weah ha visto la sua vita sconvolgersi una prima volta nel 1988, a 22 anni, grazie a Arsène Wenger. Allora allenatore del Monaco, il commissario tecnico francese lo sottrasse al Tonnerre Yaoundé, in Camerun, facendolo venire a Monaco. Per 14 anni, il solido attaccante avrebbe giocato nei più grandi club europei – Paris Saint Germain e Milan, all’apogeo della carriera, poi Chelsea, Manchester City e Marsiglia – ammassando una considerevole fortuna. Weah conserva le sue radici alla periferia di Monrovia, dove gioca ancora a calcio con amici. Dal punto di vista calcistico, l’eredità sembra assicurata. A 17 anni, il figlio Timothy ha firmato a luglio il suo primo contratto con il Paris SG, dove il fratello maggiore, George Weah Jr, 30 anni, non era riuscito ad entrare.

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