TERZI Giulio Terzi, diplomatico di carriera, ministro all’epoca di Monti, parte dall’analisi dello scontro nel mondo arabo-islamico: “E’ un conflitto tra mondo sunnita e sciita, nato nel `79 con la rivoluzione khomeinista e con le ossessioni reciproche iraniane e saudite diinsicurezza regionale se uno dei due paesi non avesse avuto il predominio sull`altro. Noi europei e americani abbiamo fatto degli errori che hanno contribuito all`incendio nel quale ci troviamo, soprattutto nel 2003, quando si è pensato di cambiare regime in Iraq senza un piano politico”. Quanto alla Libia, “è necessaria – afferma l’ex ministro – una strategia coerente tra europei, americani e gli arabi di quella parte, che sono l`80 per cento della Lega Araba, 20 paesi su 22, che già fanno parte della coalizione anti-Isis. Ma non basta avere un piano militare, che sarà onerosissimo, con un enorme spiegamento di forze. Sarebbe un errore farlo senza una strategia e degli impegni politici. Mi auguro che l`azione che si sta facendo contro l`Isis in Iraq e in Siria possa essere combinata con l`inclusione delle componenti sunnite, altrimenti nessuna forza al mondo potrà impedire che il problema si ripresenti fra pochi anni. La situazione non può essere risolta solo con i bombardamenti”, conclude.
FINI “Spero – dice dal canto suo Fini – che Renzi abbia ben chiaro cosa c`è dopo il ma”. A giudizio dell’ex leader di An “è arrivato il momento di battere forte i pugni sul tavolo e di pretendere che l`Europa faccia la sua parte. Perché la situazione è grave” ma “non ci si può illudere pensando che l`alternativa sia ancora tra azione diplomatica e intervento militare. In Libia sono mesi che l`inviato dell`Onu Leon cerca una via qualsiasi per ricomporre la frattura tra il governo di Tobruk e quello di Tripoli. Fatica vana: per le milizie armate che si combattono in una guerra civile le esortazioni del palazzo di vetro sono chiacchiere al vento a fronte delle antiche rivalità tribali e dei grandi interessi petroliferi in campo”. Fini è cauto anche sull’ipotesi di un intervento militare sotto l`egida delle Nazioni Unite. La strada giusta, dice ancora Fini, sarebbe “quella di una forza multinazionale composta da Paesi europei e dell`Unione africana, egiziani e algerini in primis. Ma viene anche da pensare a cosa potrebbe accadere se, per la paura di gravi contraccolpi interni, nessun Paese arabo musulmano accettasse di far parte della missione…”.