Intanto, la Commissione per la difesa e la sicurezza nazionale della Camera dei rappresentanti della Libia, organo elettivo riconosciuto dalla Comunità internazionale ha inviato un messaggio all’ambasciatore statunitense in Libia, Peter William Bodde, invitandolo a presentarsi a Tobruk per chiarimenti sui recenti raid aerei contro lo Stato islamico condotti dalle Forze armate degli Stati Uniti nell’area di Sirte. In un comunicato la Camera dei rappresentanti sottolinea che “accoglie tutti gli sforzi esercitati per combattere il terrorismo in Libia”, sottolineando però che essi “dovrebbero avvenire nel quadro della legittimità e degli sforzi internazionali mediati dalle Nazioni Unite”. “Allo stesso tempo – prosegue il comunicato – esprimiamo il nostro stupore e la nostra disapprovazione per le singole azioni che vengono condotte senza un coordinamento con le autorità legislative nazionali incarnate dalla Camera dei rappresentanti e con il comando dell’esercito libico”.
La Libia, com’è noto, è divisa tra due “governi” rivali. A Tripoli si è insediato il governo di unità nazionale, frutto di un accordo raggiunto tra diverse forze politiche lo scorso dicembre. Il governo è guidato da Fayez al Sarraj ed è appoggiato da diverse milizie e altre forze che hanno le loro basi soprattutto nella parte occidentale del paese (di fatto il governo di Sarraj ha sostituito il governo che era insediato prima a Tripoli, sostenuto da una coalizione di forze islamiste). Le milizie della città di Misurata, alleate di Sarraj, sono le forze principali impegnate contro lo Stato Islamico a Sirte. A Tobruk, nell’est della Libia, si è stabilito un governo rivale guidato dal potente generale Khalifa Haftar (foto), una figura ambigua con un passato nell’esercito dell’ex dittatore Mu’ammar Gheddafi. Haftar non ha riconosciuto il governo di unità nazionale e ha cercato attivamente di bloccare la sua formazione. È appoggiato da Egitto ed Emirati Arabi Uniti e combatte soprattutto a Bengasi, una città al momento controllata da diverse milizie indipendenti, tra cui molti gruppi formati da estremisti religiosi.