Non solo la paura delle bombe e della pandemia del Covid-19, a Tripoli come in vaste altre zone della Libia da giorni mancano anche l’acqua e l’elettricità, mentre la temperatura si avvicina ai 40 gradi. “E’ stata lunga notte. Niente elettricità per 22 ore. Niente acqua e temperatura a 40 gradi – ha raccontato oggi su Twitter una blogger, Annabel Rubio, che vive a Tripoli – l’elettricità è tornata alle 7 del mattino, ma ancora niente acqua. Questa è la realtà della distruzione portata da Haftar delle nostre vite”. Stessa situazione descritta da un operatore umanitario, Liam Kelly, del Danish Refugees Council: “Ancora niente acqua ed elettricità per gran parte del giorno a Tripoli, nella zona occidentale della Libia, e in vaste zone del Fezzan. Con temperature a 40 gradi. Per non parlare di tutto il resto”.
In una nota congiunta, ieri sette agenzie Onu hanno lanciato l’allarme sul fatto che “gli impianti idrici siano stati deliberatamente presi di mira o attaccati indiscriminatamente” nell’ambito del conflitto in corso da oltre un anno tra le forze del governo di accordo nazionale di Tripoli e l’autoproclamato Esercito nazionale libico di Khalifa Haftar. “Ciò colpisce migliaia di donne e bambini e ostacola gli sforzi per attuare le misure di base per la prevenzione dei virus, come il lavaggio delle mani”, hanno sottolineato le agenzie, denunciando anche i ripetuti attacchi a ospedali e strutture sanitarie. L’ultimo ancora ieri a Tripoli, con il ferimento di 14 civili. E anche oggi forti esplosioni hanno “scosso Tripoli”, ha scritto su Twitter la fotografa Hiba Shalabi, sottolineando come “la situazione sia spaventosa come al solito … non c’è pace”.
“Almeno 80 persone sono morte dello scorso gennaio a causa dei combattimenti e decine di altre sono state ferite”, ha rimarcato Tom Garofalo, responsabile per la Libia dell’International Rescue Committee, sottolineando come la popolazione libica stia trovando “molto difficile preoccuparsi del Covid-19 quando rischia di perdere la vita a causa degli scontri”. Tuttavia, ha concluso Garofalo, “i libici sperano ancora, anche dopo un anno di inerzia, che la comunità internazionale chiami a rispondere quanti bombardano i civili, dia applicazione all’embargo sulle armi e intervenga per fermare i combattimenti”. askanews