Tripoli, aveva sempre negato che Haftar faceva parte del suo esercito ma venne liberato dal carcere solo grazie ad una intervento di Washingon al quale venne offerto asilo politico negli Stati Uniti. Nel 2011, torna in patria dopo più di due decenni vissuti negli Usa, dove si ritiene avesse lavorato per la CIA e preso parte alla rivolta popolare che rovesciò e uccise Gheddafi. Tre anni dopo la rivolta, Haftar dichiara guerra ai jihadisti a Bengasi, seconda città del Paese spingendo l’allora governo libico di accusarlo di cercare di mettere in scena un golpe militare. Ma dopo la presa di Tripoli da parte degli islamisti costringendo il parlamento di fuggire nella parte orientale del Paese, le autorità riconosciute, a poco a poco, si allearono con la controversa figura di Haftar visto prima come rinnegato ed assetato di potere. Nel marzo del 2015, Haftar viene nominato capo dell’esercito libico fedele al Parlamento di Tobruk, allora riconosciuto dall’intera comunità internazionale ma che poi ha rifiutato di riconoscere la legittimità del GNA.
Un dopo l’assunzione del comando generale delle sedicenti forze armate libiche, Haftar, cerca la porpria legittimazione con il lancio dell'”Operazione Karama” (“Dignità”) contro i gruppi islamisti a Bengasi. La campagna militare lanciata nel maggio 2014, dalle forze del generale dai capelli bianchi e i baffi neri, riesce ad espellere la maggior parte dei jihadisti dalla città. Haftar ha inoltre annunciato l’intenzione di combattere lo Stato islamico (Isis) a Sirte, ma è stato ignorato dalle forze fedeli al GNA che nel maggio di quest’anno ha iniziato un’offensiva contro gli gli uomini del Califfato nero nella città natale di Gheddafi. Con i lealisti indeboliti da un’offensiva durata più di tre mesi contro l’Isis, le forze di Haftar durante il fine settimana cacciato le truppe del GNA dai terminali petroliferi a ovest di Bengasi. E così da ieri, le forze di Haftar copntrollano i porti petrolferi di Al-Sidra, Ras Lanuf e il terminale di Zuwaytina. (fonte Afp)