Cronaca

Linguista insigne, morto a 111 anni l’uomo che diede alfabeto ai cinesi

E’ morto l’uomo che ha dato un “alfabeto” al cinese. Zhou Youguang, l’insigne linguista che elaborò il sistema di romanizzazione dei caratteri cinesi denominato “pinyin”, è deceduto ieri nella sua casa un giorno dopo aver festeggiato il suo 111mo compleanno. L’ha annunciato oggi la stampa di stato di Pechino. Zhou è conosciuto come il principale ideatore del “pinyin”, il sistema di trascrizione nel sistema alfabetico latino degli ideogrammi cin esi, introdotto negli anni ’50 del secolo scorso nella Repubblica popolare e oggi considerato lo standard per la romanizzazione del cinese mandarino. La vita di questo grande intellettuale ha attraversato tutta la storia cinese del XX secolo. Nato nel 1906 in una famiglia aristocratica, Zhou ha conosciuto gli ultimi anni della disnastia Qing, comprese le vicende dell’Ultimo Imperatore, Pu Yi. Dopo aver studiato a Shanghai, andò a lavorare in una banca a New York, negli Stati uniti, dopo il 1945, per sfuggire alla guerra civile.

Con la vittoria dei comunisti di Mao Zedong, nel 1949, rientrò in Cina e lì fu incaricato, come linguista ed esperto esperantista, di elaborare una traslitterazione dei suoni del mandarino per facilitarne l’apprendimento: non è infatti possibile saper come leggere i caratteri se prima non si memorizza la loro pronuncia. Il “pinyin” ha avuto un ruolo cruciale per la diffusione del mandarino e per l’alfabetizzazione di massa del paese. In seguito è stata un’arma cruciale per permettere l’integrazione del cinese mandarino nelle interfacce informatiche e nel mondo di internet. Durante la Rivoluzione culturale, Zhou fu purgato e inviato nelle campagne. Anche dopo il suo pensionamento diventò critico sul regime comunista. “Onestamente, non ho nulla di buono da dire su Mao Zedong”, ha confidato nel 2015, a 109 anni, in un’intervista, lamendandosi dei decenni perduti.

Il linguista più influente della storia del mondo – la sua innovazione ha interessato miliardi di cinesi – viveva in un modesto appartamento di Pechino ricolmo di libri. Lui stesso aveva pubblicato al suo centenario una decina di opere, nelle quali sosteneva che l’idea delle riforme economiche propugnata negli anni ’80 da Deng Xiaoping non era nulla senza un cambiamento politico. “Dopo 20 anni di riforme economiche, la Cina deve ancora intraprendere il cammino della democrazia, è la sola strada”, aveva detto il dissidente più anziano del pianeta. Per lui il problema non è l’attuale presidente Xi Jinping, che ha inasprito la respressione degli intellettuali, ma “il sistema: non abbiamo libertà di parola in Cina”. E questo, per un linguista, è effettivamente una gravissima pecca.

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redazione