L’Iran non molla e va avanti con la riduzione degli impegni assunti nel 2015 all’epoca della firma dell’accordo internazionale sul nucleare che prevedeva una forte riduzione del programma nucleare della Repubblica Islamica. L’ultimo in ordine di tempo a confermare la determinazione di Teheran è Ali Akbar Velayati, consigliere della Guida Suprema Ali Khamenei, che parla di arricchimento dell’uranio “al 5%”, al di sopra di quel 3,67% fissato dall’accordo, con un riferimento alle attività nel reattore di Bushehr. Gli obiettivi, insiste, “sono assolutamente pacifici”.
L’Iran parla di energia nucleare, così come di ricerca scientifica, e Velayati accusa “gli Stati Uniti di aver violato l’accordo in modo diretto” e “gli europei di averlo fatto indirettamente”. “La nostra reazione – sostiene in dichiarazioni rilanciate da Press Tv – sarà direttamente proporzionale a quello che fanno loro”. La Casa Bianca non ci sta alla minaccia iraniana sull’arricchimento dell’uranio. E Donal Trump in persona avverte: “L’Iran deve essere molto, molto attento”. Secondo il presidente Usa, Teheran “sta giocando con il fuoco”. La tensione cresce. Proprio domani scade l’ultimatum di Teheran ai Paesi europei rimasti nell’intesa: la Repubblica Islamica chiede di salvare l’accordo alleviando le ripercussioni delle sanzioni americane. Gli Stati Uniti, ricordiamo, si sono ritirati nel maggio dello scorso anno dall’accordo (raggiunto insieme a Regno Unito, Francia, Germania, Cina e Russia) e hanno ripristinato le sanzioni contro l’Iran.
Intanto, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha convocato per mercoledi’ prossimo una “riunione speciale” sul programma nucleare iraniano voluta dagli Stati Uniti. L’ambasciatore americano, Jackie Wolcott, aveva richiesto l’incontro per discutere l’ultimo rapporto dell’Aiea sull’Iran in cui veniva confermato l’Iran ha violato il limite di 300 chilogrammi per le scorte di uranio arricchito, superando cosi’ la soglia prevista dall’accordo. Per Washington si e’ trattato di una mossa “preoccupante”. “La comunita’ internazionale deve ritenere responsabile il regime iraniano”, si legge in una dichiarazione della missione americana a Vienna, sede dell’Aiea. La rappresentanza iraniana ha invece considerato la richiesta della riunione speciale una “dimostrazione dell’isolamento degli Stati Uniti”, considerati primo “violatore dell’accordo sul nucleare”.
L’IRAN NON SI PENTE DELL’ACCORDO
“Un accordo multilaterale non può essere attuato unilateralmente”, ha detto al New York Times il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, sottolineando di non essersi affatto “pentito” di aver firmato l’accordo nucleare siglato dal suo Paese con le grandi potenze mondiali nell’estate del 2015. Il capo della diplomazia di Teheran, il politico più strettamente associato alla storica intesa, è stato intervistato “via mail” dal New York Times in un momento di forti tensioni tra Washington e Teheran nella zona del Golfo. Dopo aver definito JCOPA (termine tecnico dell’intesa nucleare, ndr) “il miglior accordo possibile”, Zarif ha spiegato che “è stato costruito sulla fiducia. Si basava infatti sul riconoscimento esplicito della sfiducia reciproca. Questo è il motivo per cui è così lungo e dettagliato. Il paragrafo 36 del JCPOA è un chiaro esempio del fatto che abbiamo negoziato questo accordo con la piena consapevolezza che non ci possiamo fidare dell’impegno dell’Occidente. Stiamo esercitando quell’opzione all’interno dell’accordo in questo momento, che può davvero impedire che l’affare venga completamente distrutto, il che danneggerebbe l’interesse di tutti, compresi gli Stati Uniti”.
Il paragrafo 36 prevede un meccanismo per risolvere le controversie e consente a una parte, “in determinate circostanze, di smettere di rispettare l’accordo se l’altra parte non è conforme”, come ricorda il New York Times. Teheran ha annunciato l’intenzione di “ritirasi” parzialmente da alcuni impegni dell’accordo. “Rimarremo impegnati nell’accordo finché i restanti partecipanti (Ue, Francia, Germania, Regno Unito, Russia e Cina) osserveranno l’accordo. La sopravvivenza o il crollo del JCPOA dipendono dalla capacità e dalla volontà di tutte le parti di investire in questa impresa. In breve, un accordo multilaterale non può essere attuato unilateralmente”, ha concluso Zarif.