L’offensiva mediatica di choc e orrore dell’Isis ha investito anche le vestigia archeologiche irachene. Una questione complessa, descritta da Eleanor Robson, professoressa di Storia antica all’University College di Londra. Le strutture principali delle città assire di Mosul e Nimrod, spiega, vennero scoperte tra il 1840 e il 1850 da esploratori francesi e britannici che erano essenzialmente degli antiquari che cercavano reperti da inviare al Louvre o al British Museum. Quel saccheggio culturale ha permesso alle sculture più importanti di trovare rifugio in Occidente, quello che è rimasto sono reperti troppo frammentati o danneggiati per essere trasportati. Ma c’è poco da stare tranquilli. “Si dice che l’Isis abbia attaccato Hatra, uno dei pochi siti del patrimonio mondiale Unesco in Iraq, sottolinea la Robson. A differenza delle città assire sepolte da strati archeologici di secoli, al di fuori dalla portata islamista, si tratta di un sito che non richiede grandi sforzi per essere distrutto”. Il problema è grave perché la propaganda dell’Isis si basa sullo choc e l’orrore. Con decapitazioni, gente arsa e sepolta viva si è giunti alla saturazione. Per sconvolgere l’immaginario occidentale al Califfato non resta che dedicarsi al patrimonio culturale. Ma, ricorda la Robson, non è solo un problema di pietre e incisioni. “Ci stiamo preoccupando troppo della conservazione del patrimonio fisico. Ma esiste anche un’infrastruttura accademica e intellettuale. I miei colleghi a Mosul vivono nel terrore dell’Isis da 8 o 9 mesi. Hanno perso il lavoro, le famiglia sono traumatizzate e rischiano la vita. Se non proteggiamo anche loro, non servirà a niente prendersi cura delle vecchie pietre”. (Immagini Afp)