L’Italexit ora non scuote più i mercati ma la Lega. Sarà un gioco delle parti, quello tra Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti, sta fatto che mentre il segretario del Carroccio, torna a evocare lo spettro dell’Italia fuori dall’Euro, l’ex sottosegretario, in qualità di responsabile degli Esteri della Lega, rimarca che “se dico che non usciamo, non usciamo. Punto”. Non parliamo certo di spaccatura, ma da quando Giorgetti ha ufficializzato la svolta moderata della Lega, in via Bellerio non c’è più pace. “Ragazzi, o l’Europa cambia, o non ha più senso di esistere – scandisce invece Salvini tra un banchetto e l’altro, a caccia di tessere per il partito -. Gli inglesi hanno dato dimostrazione che volere è potere”; “O si sta dentro, cambiando le regole, aiutando i nostri lavoratori e le nostre imprese o, come mi ha detto un pescatore a Bagnara Calabra, allora facciamo gli inglesi”.
In altre parole, “o cambiano le regole o è inutile stare in una gabbia in cui ti strangolano”, evocando, quindi, l’Italexit. Affermazioni fatte più o meno settantadue ore dopo che il plenipotenziario dei rapporti con l’estero del Carroccio, aveva puntellato che “noi non vogliamo uscire” né dall’euro né dall’Europa, “ma non siamo più i soli a dire che molto deve cambiare”. Insomma, nella Lega si comincia a sentire un coro stonato. Salvini, che ovviamente ha anche la testa al processo “Gregoretti”, tenta di rimediare alla sortita, spiegando che il suo partito non è al lavoro “per l’Italexit, ma per il Conte-exit”. “Stiamo lavorando per cambiare le regole europee da dentro – spiega l’ex vicepremier leghista -. Se uno ti dice no e ti prende a pernacchie, poi il popolo fa le sue scelte”. Ma dall’arco, la freccia oramai è partita.
È noto, che la linea moderata di Giorgetti non piace a tutti. In un’intervista a Il Tempo il deputato leghista, Claudio Borghi ha puntellato: “Il pragmatismo di Giorgetti non è una semplice soluzione. Poi i programmi si decidono nei congressi”. Una sorta di avvertimento all’ex sottosegretario per dire niente fughe in avanti. Un fatto è certo, la Lega non è più quella di sei anni fa, quando Salvini vinse le primarie contro il Senatur, Umberto Bossi. Oggi c’è un partito con oltre il trenta per cento di consensi e tanti big che scalpitano. E per Salvini non è certo facile tenere da solo la barra dritta. Da qui la voce grossa. E così, in poco tempo, l’ex vice premier sembra vanificare tutti gli sforzi messi in campo nelle scorse settimane e che puntano alla svolta moderata del Carroccio avviata prima e dopo la sconfitta in Emilia-Romagna.
E questo mentre Giorgetti, responsabile Esteri del partito, lavora alla strutturazione della Lega in dipartimenti da affidare a ex ministri e sottosegretari, ma soprattutto a rassicurare l’establishment italiano ed estero. Intanto, circolano i primi nomi della squadra “giorgettiana”. In testa ci sarebbe Igor Iezzi, attuale capogruppo in Commissione Affari costituzionali della Camera; il vicesegretario Andrea Crippa; di economia si dovrebbe occupare Massimo Garavaglia; va da sé che Giulia Bongiorno guiderà la linea della Lega sulla Giustizia. E altri esponenti di peso come l’ex-ministra Alessandra Locatelli e i due capigruppo in parlamento Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, sembrano pronti a far parte di questa sorta di direttorio con la missione di cambiare volto al partito e che ha come deus ex machina, manco a dirlo, proprio Giorgetti. E questo, sembra mettere in fibrillazione Salvini.