L’esercito israeliano è “pronto e determinato” per la prossima fase della guerra ed è in attesa di istruzioni politiche. Nessuna speranza di tregua a breve termine, dunque, neppure per agevolare la già difficile trattativa in corso per il rilascio degli ostaggi in mano ad Hamas, mediata da Stati Uniti, Qatar ed Egitto. Non lascia spazio a dubbi di sorta il portavoce delle Forze armate dello Stato ebraico, Daniel Hagari, che prevede “settimane di combattimenti”, proprio mentre fonti governative israeliane indicano che l’attesa operazione di terra a Gaza potrebbe essere rinviata di qualche giorno.
E una guerra “non brevissima” si attende anche il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, la cui priorità resta “portare in salvo gli ostaggi”. Sono 14 gli italiani a Gaza, mentre al confine con il Libano c’è ancora “un gruppo di connazionali abbastanza consistente”. E’ “uno dei luoghi bersagliati da Hezbollah”, ha precisato il ministro, che ha indicato in circa 18.000 i connazionali presenti in Israele, “che vedono passare razzi e missili sulle loro teste”. Tajani ha discusso con alcuni di loro durante una riunione all’Unità di crisi della Farnesina, e in due diversi interventi a Sky e Radio Uno ha sottolineato che “bisogna fare di tutto perché l’Iran e il Libano siano tenuti fuori” dal conflitto. Le minacce di Teheran e gli sporadici attacchi di Hezbollah sono al momento solo dei “segnali politici” di “sostegno” ad Hamas, ma “non ancora una dichiarazione di guerra”, ha spiegato il titolare della Farnesina.
Con il movimento sciita libanese in particolare si resta nell’ambito di “attacchi e risposte proporzionate”, che comunque destano “preoccupazione” e impongono di “mantenere l’attenzione alta”. Saranno poi le Nazioni Unite, eventualmente, a decidere se cambiare le regole d’ingaggio dei militari di Unifil, in caso di ulteriore e pericoloso allargamento del conflitto. Nella notte, intanto, Israele ha continuato a bombardare i suoi obiettivi nella Striscia, colpendo oltre 400 postazioni di Hamas, facendo almeno 140 vittime e “centinaia di feriti”, con “decine di abitazioni distrutte”. Negli ultimi giorni, l’esercito israeliano ha intensificato i suoi attacchi contro questa enclave palestinese di 362 km2, dove sono ammassati 2,4 milioni di palestinesi; un assedio che li sta privando di cibo, acqua ed elettricità almeno dal 9 ottobre scorso, 48 ore dopo il brutale attacco di Hamas allo Stato ebraico.
Gli aiuti internazionali hanno cominciato ad arrivare sabato, attraverso l’Egitto, con una cinquantina di camion carichi di beni di prima necessità. Troppo pochi per l’Onu, secondo cui ne servirebbero almeno 100 al giorno. Anche gli italiani bloccati nell’area hanno ricevuto “qualcosa da mangiare e da bere”, ha precisato Tajani, che ha parlato di “7 connazionali” presenti nella Striscia, assieme ad “altri 7 con doppia cittadinanza italo-palestinese e 4-5 familiari con passaporto solo palestinese, soprattutto bambini”. “Solo un’italiana vuole rimanere” a Gaza, “perché è un’operatrice della Croce Rossa e lo ritiene un suo dovere”, ha detto il ministro. Ciò che continua a mancare nella Striscia, invece, è il carburante.
Israele ne impedisce la consegna per timore che possa essere sottratto da Hamas e utilizzato per alimentare i lanci di razzi contro lo Stato ebraico. “Quel poco che è stato consegnato lo hanno già rubato”, ha fatto sapere il governo. E mentre la guerra prosegue, la diplomazia internazionale continua a muoversi per impedire un’ulteriore escalation del conflitto e un allargamento regionale che risulterebbe catastrofico. La priorità è sempre quella di salvare gli ostaggi in mano ad Hamas. Un’urgenza ribadita nuovamente oggi dal Cremlino e confermata anche dal presidente francese Emmanuel Macron. “Tutti, senza distinzione” devono essere riconsegnati, ha detto. L’inquilino dell’Eliseo è arrivato in Israele per incontrare le famiglie delle persone disperse, il presidente Isaac Herzog e il primo ministro Benjamin Netanyahu, e si recherà poi a Ramallah, dove sarà ricevuto dal presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen.
A fronte delle immagini di “violenza pura e crudeltà” dei giorni scorsi, durante il suo incontro con il capo dello Stato francese, Netanyahu ha insistito sul fatto che Hamas rappresenta “una minaccia alla civiltà”. Macron, da parte sua, ha evidenziato la necessità di costruire una coalizione contro il movimento estremista palestinese, che ieri ha rilasciato altri due ostaggi, Yocheved Lifshitz, 85 anni, e Nurit Kuper, 79 anni, entrambi di nazionalità israeliana e provenienti dal Kibbutz Nir Oz. “Ho passato l’inferno. Non avremmo mai pensato che sarebbe successo questo”, ha detto oggi Lifshitz, confermando di avere camminato per chilometri lungo “un gigantesco sistema di tunnel, come ragnatele”. “Non c’era distinzione tra vecchi e giovani. È stato molto doloroso. Mi hanno colpito alle costole e mi hanno reso difficile respirare”, ha dichiarato negli stessi minuti in cui Macron ha iniziato il suo incontro con Netanyahu.
Il premier d’Israele è stato nuovamente sollecitato nelle ultime ore dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden sulla “necessità di garantire aiuti umanitari urgenti a Gaza”. Mentre dichiarazioni di fuoco sono arrivare da Doha, tradizionalmente vicina ad Hamas e con un ruolo importante di mediazione nella trattativa per il rilascio di tutte le persone trattenute con la forza a Gaza. “Diciamo basta. A Israele non dovrebbe essere dato il via libera per l’uccisione incondizionata”, ha detto l’emiro Tamim bin Hamad Al Thani. “La pericolosa escalation minaccia la regione e il mondo”. Un rischio che va evitato anche per la Cina. Il ministro degli Esteri di Pechino, Wang Yi ha confermato al suo omologo Eli Cohen che la Cina resta impegnata per una soluzione del conflitto, ma ha anche chiesto a Israele di adottare misure efficaci per proteggere la sicurezza dei cittadini e delle istituzioni cinesi. “Tutti i paesi hanno il diritto all’autodifesa, ma dovrebbero rispettare il diritto internazionale umanitario e proteggere la sicurezza dei civili”, ha commentato. askanews