Roma rende omaggio al maestro dell’erotismo con la mostra “Tinto Brass – Uno sguardo libero”, al Vittoriano fino al 23 marzo. Fotografie, manifesti, filmati, costumi, bozzetti di scenografie, la sua moviola: ogni oggetto esposto contribuisce a ricostruire la carriera del regista. Brass è nato come autore d’avanguardia e “politico” negli anni Sessanta, con film come “Chi lavora è perduto”, sul lavoro come alienazione, o “L’urlo”, pellicola molto osteggiata dalla censura, con una Tina Aumont protagonista senza inibizioni. Amico di Rossellini e Antonioni, negli anni Settanta ha sperimentato vari generi e narrazioni, con un accento sul grottesco in “Salon Kitty”, con Helmut Berger e Ingrid Thulin, e “Caligola”, con Helen Mirren e Malcom McDowell.
Nel 1983, con “La chiave”, interpretato da Stefania Sandrelli, è arrivata la svolta verso il cinema erotico. “L’erotismo non è mai scomparso dal mio cinema. All’inizio avevo un po’ un complesso, eppure io ho dei desideri da esprimere, ed ero in parte trattenuto dalle condizioni, etc. E poi finalmente ho dato libero sfogo alla mia concezione del cinema, erotico, in particolare”. Trasgressione e provocazione sono protagonisti del suo cinema più conosciuto, dagli anni Ottanta in poi, con attrici che lui contribuisce a lanciare o rilanciare. “La chiave” porta sullo schermo la sensualità di Stefania Sandrelli, Serena Grandi spopola con le sue forme grazie a “Miranda”, Francesca Dellera si esibisce in “Capriccio”, Deborah Caprioglio si afferma con “Paprika”, Claudia Koll scandalizza con “Così fan tutte”, Anna Galiena sorprende in “Senso ’45”, accanto a un giovanissimo Gabriel Garko.