E’ caduto il veto dell’Ungheria che intendeva tenere in ostaggio il prestito (assitenza macrofinanziaria) dell’Ue da 18 miliardi di euro all’Ucraina, e allo stesso tempo anche la legislazione comunitaria sull’attuazione degli accordi G20-Ocse per la tassazione minima delle multinazionali. Contestualmente, sono state approvate dai Ventisette due misure riguardanti la stessa Ungheria: il Piano nazionale di Recovey (Pnrr) che vale 5,8 miliardi di sovvenzioni europee (adottato a maggioranza qualificata con l’astensione dell’Olanda), e il congelamento di una parte rilevante dei fondi di coesione ungheresi, per 6,3 miliardi di euro. Questi fondi saranno sbloccati solo quando il Paese avrà attuato le 17 misure o riforme necessarie (secondo la Commissione europea) a rispettare lo stato di diritto e proteggere così gli interessi finanziari dell’Ue (in attuazione del regolamento sulla “condizionalità dello stato di diritto”).
E’ accaduto tutto ieri in tarda serata a Bruxelles, nella riunione del Coreper, il comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri che prepara a livello tecnico le riunioni ministeriali del Consiglio Ue. E’ un successo indubbio della presidenza di turno ceca del Consiglio Ue (con l’appoggio dagli Stati membri più grandi), che ha gestito tutto il difficile negoziato, trattandolo come un “pacchetto”, in cui “non c’è accordo su nulla se non c’è accordo su tutto”, come aveva sottolineato il 6 dicembre il ministro delle Finanze e presidente dell’Ecofin Zbynek Stanjura. In cambio del ritiro del suo doppio veto, l’Ungheria ha ottenuto una lieve riduzione dei fondi Ue che le sono destinati e che saranno congelati: la Commissione europea aveva chiesto che fossero bloccati 7,5 miliardi di euro, pari al 65% dei tre programmi di coesione ungheresi, e la settimana scorsa si era rifiutata di cambiare la sua valutazione a questo proposito, come le aveva chiesto di fare il Consiglio Ecofin del 6 dicembre. La decisione del Consiglio comporterà ora un congelamento dei fondi per l’Ungheria pari al 55% dei tre programmi di coesione, per 6,3 miliardi di euro. L’invio all’Ucraina, a partire da gennaio, del prestito da 18 miliardi di euro per l’assistenza macroeconomica promessa dall’Ue per il funzionamento dello Stato nel 2023, a fronte delle conseguenze dell’invasione russa, era un impegno che non poteva più essere procrastinato, anche per ragioni di credibilità politica.
Ma per far valere la propria richiesta di azzerare o almeno ridurre sostanzialmente l’ammontare dei fondi di coesione congelati, l’Ungheria aveva bloccato con il suo veto la decisione (per cui è richiesta l’unanimità) di aumentare il tetto di spesa previsto dal bilancio pluriennale comunitario. L’aumento era necessario per inserirvi le garanzie finanziarie degli Stati membri a fronte dell’emissione sui mercati delle obbligazioni Ue che finanzieranno il prestito all’Ucraina. In più, Budapest aveva bloccato anche le misure per la tassazione minima delle multinazionali, in applicazione dell’accordo Ocse-G20 sul cosiddetto “secondo pilastro”, che gli stessi ungheresi in un primo tempo avevano sottoscritto. Ma quando la presidenza ceca del Consiglio Ue e la Commissione hanno annunciato, all’Ecofin di martedì scorso, che si poteva comunque procedere al prestito all’Ucraina anche senza l’Ungheria, semplicemente mettendo a disposizione le stesse garanzie finanziarie, per lo stesso ammontare complessivo previsto, ma con una operazione degli Stati membri al di fuori dal quadro di bilancio comunitario, Budapest si è resa conto di avere in mano un’arma scarica, e di avere ben poco potere residuo con il veto sull’altra misura, non altrettanto urgente.
A questo punto, l’Ungheria ha preferito accontentarsi dell’approvazione del Pnrr e negoziare con gli altri Stati membri, senza irritarli ulteriormente, quella leggera riduzione dei fondi da congelare che le ha permesso di salvare il salvabile. Il via libera del Consiglio al Pnrr ungherese (che doveva essere dato prima della fine dell’anno, pena la decadenza del Piano) non è, d’altra parte, un assegno in bianco: perché vi sia l’esborso dei fondi Ue, Budapest dovrà prima adottare e applicare ben 27 “super impegni”, che comprendono anche, in sostanza, le 17 misure (riguardanti soprattutto l’indipendenza della magistratura) che aveva concordato con Bruxelles riguardo al rispetto dello stato di diritto. Le quattro decisioni del “pacchetto” concordate dal Coreper saranno adottate formalmente dal Consiglio Ue domani, mercoledì, per procedura scritta.