Chi ha sognato lo scrigno del tesoro di William Kidd dovrà ancora pazientare, rimuginando sulla leyenda negra del corsaro del XVII secolo nato all’ombra delle bandiere di Sua maestà e poi trasformatosi in pirata lungo le coste del Madagascar. Parola dell’Unesco che ha gettato acqua sul fuoco dell’annuncio fatto da Barry Clifford, archeologo ed esploratore subacqueo, che aveva dichiarato nel maggio scorso di avere risolto uno dei misteri più intriganti dei Sette mari localizzando il relitto dell’Adventure Galley, l’ammiraglia di capitan Kidd, insieme a un lingotto d’argento di 50 chili. A raffreddare gli entusiasmi un team di archeologi subacquei dell’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per la scienza e la cultura, che ha visitato il sito identificato da Clifford per verificare l’attendibilità della scoperta infliggendo pugnalate di morte alle speranze dei fan di capitan Kidd, impiccato a Londra nel 1701, immerso nel catrame e appeso per due anni a un ponte del Tamigi come monito per aspiranti pirati. Nel rapporto dell’Unesco si legge che il lingotto d’argento altro non è che un elemento delle zavorre di piombo d’antan e che il presunto relitto è solo un mucchio di macerie di un porto affacciato su una baia di Sainte Marie, un’isoletta a est del Madagascar. “Il grande problema del sito, spiega Michel L’Hour, archeologo dell’Unesco, è che si tratta di un punto d’ancoraggio molto antico e per questo si trovano sul fondo molte macerie che impediscono rilievi certi per epoca e datazione. C’è poca visibilità, il fondale è formato da un mucchio di sassi come quelli di questa spiaggia che emergono dal fango, insieme a sedimenti molto inquinati”. Dal fondo degli abissi si sente rimbombare la terribile e fragorosa risata di capitan Kidd. (Immagini Afp)