M5s oggi al Colle. Di Maio insiste su “contratto” con Lega-Pd

M5s oggi al Colle. Di Maio insiste su “contratto” con Lega-Pd
Il capo politico M5s, Luigi Di Maio
5 aprile 2018

Con la proposta del contratto scritto per il governo i capigruppo 5 stelle Giulia Grillo e Danilo Toninelli si presenteranno oggi alle consultazioni al Quirinale con il candidato premier Luigi Di Maio. Il contratto di programma consentirebbe al M5S di superare l’imbarazzo per il compromesso con i “partiti”. Ma il richiamo alla formula tedesca porta con sé anche la suggestione, ripetuta ossessivamente in questi giorni dagli esponenti del M5S, del “rispetto della volontà popolare”. Tradotto: Di Maio presidente del Consiglio. Sarà una coincidenza, ma il 32,68 per cento raccolto dai “gialli” stellati somiglia tanto al 32,9 raccolto da Cdu/Csu guidate da Merkel, il cui posto da cancelliera alla fine non è stato messo in discussione. Giova ricordare, comunque, che lo scenario è cambiato in queste settimane, e il cambiamento si legge nelle parole del leader del M5S, che ribadisce il suo appello rivolto a due sole forze politiche: la Lega (se rompe con Silvio Berlusconi) e il Pd, cui si chiede di sbarazzarsi di Matteo Renzi. “Speriamo – scrive sul blog delle stelle Di Maio – di poter incontrare il prima possibile i due partiti per capire quali siano le loro proposte, e per capire con chi si possa iniziare a scrivere questo contratto”. Nei mesi passati la musica era diversa: “La sera delle elezioni – diceva a dicembre – faremo un appello pubblico alle altre forze politiche che sono entrate in Parlamento presentando il nostro programma e la nostra squadra. E governeremo con chi ci sta”.

M5s scommette su rotture in campo avverso

Il 7 marzo, a risultato acquisito, stessa linea: “Ho detto in ogni città dove sono stato in campagna elettorale che il governo per noi si sarebbe potuto fare in base a convergenze sui temi (…). Tutte le forze politiche devono manifestare responsabilità in tal senso”, scriveva Di Maio in una lettera pubblicata su Repubblica. La scommessa del M5S è quindi oggi sulle rotture in campo avverso, che preparino il terreno per una possibile intesa di governo. “La Lega, come già detto, è la forza politica – scrive – che ha preso più voti all’interno di una coalizione di centrodestra che di fatto non esiste, e che alle elezioni si è presentata con tre programmi e tre candidati premier differenti. La Lega deve decidere da che parte stare: se contribuire al cambiamento che il M5S vuole realizzare per il Paese o se invece rimanere ancorata al passato e a Silvio Berlusconi”. Ma “anche il Pd è chiamato a scegliere. Scegliere se seguire la linea di Renzi, che per fare un dispetto al MoVimento 5 Stelle vuole lavarsene le mani dei problemi del Paese, o la linea di chi invece vuole contribuire a lavorare per i cittadini”. Scontate per ora le repliche a questa sorta di “invasione di campo” del leader stellato. Per Antonio Tajani “ogni volta che si è tentato di trovare in Berlusconi il nemico da abbattere Forza Italia è cresciuta nei consensi perché gli italiani non accettano questi metodi che sono veramente antidemocratici”.

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La Lega, dal canto suo, bolla come “irricevibile” la rinnovata proposta di Di Maio. Il centrodestra, ribatte il capogruppo leghista al Senato Marco Centinaio, “è e resta unito. Non può essere Luigi Di Maio a poter scegliere con chi fra di noi voler dialogare”. Ettore Rosato (Pd), parla di “ossessione di Di Maio verso Renzi” e torna a chiudere ogni spiraglio: “Ci aspettiamo – commenta – che finisca questo teatrino in cui Di Maio si rivolge al Pd per aumentare il suo potere contrattuale con la Lega, dica cosa vuole fare per l’Italia, esca dalla modalità campagna elettorale ed entri nella modalità responsabilità per il Paese”. Resta da verificare se le mosse di Di Maio non siano già un modo per guardare oltre le consultazioni, oltre il possibile fallimento di un accordo di governo con chicchessia. Con la dichiarata esclusione di Silvio Berlusconi e di Forza Italia dall’interlocuzione per il governo Di Maio disegna una sorta di “bipolarismo del futuro”, puntando ad assorbire ulteriori consensi da un elettorato di centrosinistra che ha tollerato a fatica, e alla fine punito alle urne, accordi e rapporti di collaborazione che a vario titolo negli ultimi anni il Pd ha avuto con l’ex cavaliere o con una parte dei suoi, nei governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni. Se poi ci fosse spazio in questa legislatura almeno per cambiare la legge elettorale reintroducendo un premio di maggioranza, la sfida a due Di Maio-Salvini sarebbe probabilmente questione di mesi.

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