I 39.550 voti del collegio Lazio 1 – Primavalle cercano casa. Alle elezioni suppletive per quel collegio, sulla scheda non c’è il Movimento 5 stelle che esattamente quei voti si era aggiudicato il 4 marzo del 2018 con la sua candidata Emanuela Del Re (la quale ha poi lasciato il seggio dopo essere stata nominata rappresentante speciale dell’Unione europea per il Sahel). Il M5S è assente anche dalle suppletive di Siena, dove è candidato il segretario del Pd Enrico Letta. Eppure, nonostante l’emorragia, fra espulsioni e scissioni, di circa un terzo dei parlamentari eletti nel 2018, è ancora la prima forza sia alla Camera sia al Senato ed è ancora discretamente rappresentata nel Governo: si tratta di una bizzarria tutta italiana, che descrive bene lo stato di una forza politica nel guado, che rischia di incassare una nuova battuta d’arresto in questa tornata elettorale che riguarda anche le regionali calabresi e le comunali in mezza Italia.
L’asticella delle ambizioni della pattuglia stellata non è collocata troppo in alto: “Mi aspetto dei segnali di incoraggiamento per quanto riguarda il nuovo corso che è appena iniziato”, si è limitato a dire il leader Giuseppe Conte, secondo il quale “abbiamo bisogno di costruire un radicamento, un dialogo costante nei territori ma questo richiede tempo”. In ogni caso, gli equilibri nella politica nazionale non si toccano: “Non possiamo pensare che una tornata di elezioni per lo più comunali, territoriali, possa avere un’incidenza sul governo del Paese in questo momento”, ha precisato. Dal punto di vista del Movimento sono due le città-simbolo al voto domenica e lunedì: Roma e Torino, due dei successi storici dei 5 stelle, con l’elezione nel giugno 2016 di due giovani donne, Virginia Raggi, oggi ricandidata nella capitale, e Chiara Appendino che invece nella ex capitale sabauda cede il passo alla capogruppo stellata uscente in Consiglio comunale, la 35enne Valentina Sganga.
In entrambi i casi, i sondaggi stimano improbabile l’approdo al ballottaggio delle candidate stellate: a Torino Sganga si ferma attorno al 10 per cento, a Roma Raggi oscilla sul 18-19 e ha quindi in teoria qualche chance in più. Conte da mesi si sforza di accreditare come scenario futuro irreversibile l’alleanza con il Partito democratico, che però in queste elezioni ha fatto molta fatica a prendere forma concreta. Quindi, fermandosi ai capoluoghi di regione, a Torino e Roma il M5S è costretto a inseguire l’alleato nazionale; ed è illuminante la scelta del candidato del Pd, l’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, di snobbare preventivamente ogni tipo di rapporto col Movimento in vista del ballottaggio: “Dopo il primo turno parleremo con gli elettori di Raggi e Calenda ma non farò apparentamenti”. A Milano, dove era elettoralmente debole (10 per cento) cinque anni fa, se sarà necessario il M5S potrà portare acqua al mulino del sindaco uscente Beppe Sala al ballottaggio. L’accordo c’è, invece, a Bologna, dove i 5 stelle sostengono un uomo del Pd, Matteo Lepore, e a Napoli, dove è candidato in coalizione l’ex ministro dell’Università Gaetano Manfredi, che viene dalla stessa area (già consigliere del ministro prodiano Nicolais, ha un fratello che è stato deputato dem). Le due forze corrono separate anche a Trieste.
Nei capoluoghi di provincia è corsa separata a Carbonia, Latina, Novara, Rimini, Salerno, Savona. M5S e Pd sono alleati invece a Grosseto, Isernia, Pordenone e Varese, oltre che nel sostegno ad Amalia Bruni, fondatrice di un centro di ricerca sull’Alzheimer, candidata presidente per la Regione Calabria. Al momento, in ogni caso, eventuali successi comuni sarebbero letti più una vittoria di Enrico Letta che una conferma della strategia di Conte. Il quale, in ogni caso, deve ancora consolidare la sua posizione interna: è stato accolto molto spesso da folle plaudenti in piazza, in queste settimane, ma è attesa a breve l’elezione della “segreteria” politica che dovrà affiancarlo. E dovrà dimostrare anche in questo passaggio la presa reale che è in grado di esercitare su attivisti e parlamentari 5 stelle. Finora tensioni e punzecchiature con il leader ombra Luigi Di Maio sono state in larga parte confinate nelle indiscrezioni di stampa (in genere smentite dagli interessati), ma una batosta elettorale particolarmente dura potrebbe riaprire lo scontro interno.