M5S rifiata ai ballottaggi. Grillo avverte: ora gioco di squadra. E pensa alla Sicilia

M5S rifiata ai ballottaggi. Grillo avverte: ora gioco di squadra. E pensa alla Sicilia
Beppe Grillo e Luigi Di Maio
27 giugno 2017

Otto ballottaggi su dieci, da 37 a 45 sindaci. Alla fine il Movimento 5 stelle trova qualche motivo di ottimismo nei risultati del secondo turno delle elezioni amministrative: non prende Asti ma con Francesco De Pasquale strappa Carrara (unico capoluogo) al centrosinistra e altrove conquista centri medio-grandi come Guidonia e Ardea nel Lazio. Grillo si vede “a pochi metri” dal traguardo del governo, e dopo il secondo turno i toni sono quelli del pericolo scampato; passa in secondo piano anche il trionfo parmigiano di Federico Pizzarotti, ex bandiera messa alla porta dai vertici M5S ma rieletto sindaco con largo margine. La comunicazione stellata ha un’alta carta da giocare: il pesante arretramento del nemico per eccellenza, il Pd di Matteo Renzi, anche se i vantaggi maggiori della sconfitta dem, dal punto di vista strettamente elettorale, sono andati al centrodestra. Per la batteria dei commentatori a 5 stelle non c’è alcun dubbio: “Il Pd esce da questi ballottaggi con le ossa rotte e Renzi prende una clamorosa sberla dagli italiani, la seconda dopo quella del 4 dicembre scorso. Lui parla di risultato a macchia di leopardo, ma la realtà dei numeri dimostra che per il suo Pd è una vera e propria Caporetto”, recita enfatica la nota ufficiale del movimento.

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“Noi continuiamo a crescere”, dice Roberta Lombardi, di “inesorabile crescita” parla Luigi Di Maio, secondo il quale “Renzi in queste amministrative non ci ha messo la faccia, ma è riuscito a perderla comunque”. Mentre Danilo Toninelli, altro volto televisivo del M5S, si scaglia contro la “merce contraffatta” delle coalizioni e delle “finte liste civiche”. Al post sul blog firmato Beppe Grillo, ma apparentemente frutto di un impegno dei creativi della comunicazione a 5 stelle, è affidato il compito di motivare le “truppe”. Video dell’epico discorso tenuto dal coach (interpretato da Al Pacino) alla sua squadra di football americano nel film “Ogni maledetta domenica” e testo che lo ricalca, più o meno. “Ogni maledetta elezione continuiamo a crescere e questo è ciò che conta. Le prossime sfide sono la Sicilia e poi la battaglia campale delle politiche. Per vincere dobbiamo essere una squadra che lotta insieme per un obiettivo comune”. Per Grillo “da qui al governo questione di pochi metri”, ragione per cui “ora noi o andiamo avanti come squadra o cederemo un centimetro alla volta, un giorno dopo l’altro, fino alla disfatta”. Al di là del contenuto propagandistico, il messaggio interno è chiaro: i malumori vanno tacitati e le faide vanno congelate. Le vittorie in provincia di Roma smorzano per ora l’effetto Raggi, cioè il presunto prezzo elettorale da pagare per le difficoltà della sindaca capitolina.

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Di conseguenza non ci potrà essere, almeno per ora, nessun “assalto” a Di Maio, punta di diamante del M5S “moderato” che si vorrebbe proporre alle politiche per governare il Paese. Ma chi vive il Movimento dall’interno racconta che il vicepresidente della Camera è nelle grazie di Grillo, “che è circondato dai fedelissimi di Di Maio” come la sua compagna Silvia Virgulti o il deputato Alfonso Bonafede, ma molto meno in quelle di Davide Casaleggio, che lo appoggia ma non lo “ama”. “E cosa accadrà – si chiede un parlamentare – se il processo Raggi dovesse riservare brutte sorprese? E se in Sicilia le regionali andassero maluccio o malissimo?”. Il sottotesto è che i “nemici”, ma forse sarebbe più giusto considerarli i “critici” del candidato premier in pectore, potrebbero essere solo in posizione di attesa. Nessuno ha dimenticato il legame di Di Maio con la prima cittadina di Roma. E lui, stando alle regole del Movimento, dovrà comunque passare un qualche esame: delle primarie on line o un’altra forma di verifica da parte degli iscritti. Avrà degli avversari veri? Qualche esponente di peso oserà sfidarlo, come aveva fatto mesi fa il riferimento degli “ortodossi”, Roberto Fico? Sarà allora che si misurerà la tenuta degli equilibri interni che finora, anche parlando di crescita elettorale alle amministrative e di governo distante “pochi metri”, Grillo e Casaleggio sembrano voler considerare inamovibili.

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