Macchinari inutilizzati e reparti chiusi, ecco la fabbrica dello spreco

SANITA’ La lente di Cittadinanzattiva sul Servizio sanitario nazionale. Dalla Sicilia al Piemonte: alcuni casi

Macchinari non utilizzati o funzionanti a scarto ridotto, reparti chiusi anche se appena ristrutturati o sottoutilizzati per mancanza di personale, attrezzatture e dispositivi non adatti alle esigenze dei pazienti, personale sanitario costretto a turni di lavoro massacranti o in trasferta con costi aggiuntivi per le aziende sanitarie, burocrazia costosa e che ostacola il percorso di cura dei pazienti. Sono le principali aree di sprechi in sanità segnalate nel Rapporto “I due volti della sanità. Tra sprechi e buone pratiche, la road map per la sostenibilità vista dai cittadini”, fotografia del Servizio Sanitario Nazionale tra luci ed ombre presentato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, con il sostegno non condizionato di Farmindustria. Il Rapporto prende in esame 104 condizioni di spreco individuate da cittadini, associazioni ed operatori sanitari fra aprile 2014 e aprile 2015 e che a giugno 2015 risultavano ancora irrisolte. Sono 55, invece, le buone pratiche in corsa per aggiudicarsi il premio Andrea Alesini. In un caso su due, per eliminare lo spreco dovrebbe intervenire la Asl, in un caso su tre la Regione, in uno su dieci l’istituzione nazionale, ossia principalmente il Ministero della Salute.

Ecco alcuni casi di sprechi. Presso l’Ospedale di Acireale, nel reparto di radiologia, un apparecchio per la risonanza magnetica viene utilizzato solo cinque mattine ed esclusivamente per i pazienti ricoverati; le ambulanze del 118 di Grugliasco (TO) dispongono di dispositivi per la teletrasmissione di elettrocardiogramma e parametri vitali che di fatto sono inadatti per le esigenze del 118 e spesso malfunzionanti; presso il Presidio ospedaliero Sirai (Asl Carbonia-CA) sono stati acquistati otto ecografi ma i medici formati per il loro utilizzo sono soltanto tre. Il nuovo complesso operatorio del San Paolo di Napoli, costruito nel 2006 e dotato di circa 900 metri quadrati, quattro sala operatorie, una sala open space con quattro posti di rianimazione e post operatoria mai aperta, lavora solo cinque ore al giorno. Nel presidio ospedaliero di Lanusei (provincia Ogliastra) è stata costruita una sala emodinamica con tutta l’attrezzatura di ultima generazione; da oltre un anno è ferma perché gli interventi previsti sono minimi e non ci sono gli specialisti. A Tortona (AL) è stato chiuso il reparto di maternità, nonostante i locali fossero stati da poco rinnovati e tinteggiati; le attrezzature in dotazione, soprattutto una vasca per il parto in acqua e alcune incubatrici, sono rimaste inutilizzate. A Cagliari, presso l’Unità operativa di ortopedia dell’ospedale, sono stati acquistati letti troppo grandi che non entrano negli ascensori. Diverse segnalazioni riguardano gli sprechi nell’erogazione e nelle gare di acquisto per protesi ed ausili. Ad esempio, in Campania sono stati acquistati un gran numero di presidi per stomizzati con un acquisto unico centralizzato. Ma i presidi giacciono nei vari distretti delle Asl perché non conformi a quelli adatti ai pazienti. I cittadini evidenziano in taluni casi, come nella AUSL di Forlì (Bagno di Romagna), che i plantari costano presso le sanitarie 120 euro, mentre la pubblica amministrazione li acquista a 180 euro ognuno. L’ospedale di Venere in provincia di Bari ha un reparto di ginecologia e ostetricia ristrutturato da poco, ma la sala operatoria di ostetricia è chiusa per carenza di personale. Red. Cro.