Il presidente francese Emmanuel Macron oggi ha visitato Beirut, il luogo delle devastanti esplosioni di due giorni che hanno causato 137 morti e 5.000 feriti. Al suo arrivo all’aeroporto della capitale libanese il leader francese ha scritto su Twitter: “Il Libano non è solo”.
“Rivoluzione, rivoluzione, aiutaci”: è quanto invece hanno urlato i libanesi alla volta di Macron che, dopo essere stato al porto di Beirut, ha visitato a piedi i quartieri Mar Mikhael e Gemayze per valutare i danni causati dalle esplosioni di due giorni fa. Il leader francese ha risposto alla richiesta di aiuto, affermando di voler “proporre un nuovo patto per il Libano” nei suoi incontri in programma oggi con le autorità libanesi. Intanto, a due giorni dall’esplosione che ha provocato una strage a Beirut, con un bilancio di almeno 135 morti e oltre 5.000 feriti, nella capitale è il momento della collera. In particolare i libanesi hanno espresso la loro rabbia nei confronti dell’esecutivo del Paese, accusato di corruzione, negligenza e cattiva amministrazione; un malgoverno individuato dai cittadini come la causa principale della strage. Il presidente Michel Aoun ha dichiarato che l’esplosione è stata causata da 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio conservate in modo non sicuro in un magazzino. “Beirut sta piangendo, Beirut sta urlando, le persone sono isteriche, sono stanche”, ha detto il regista Jude Chehab alla Bbc, chiedendo ai responsabili di presentarsi davanti alla giustizia.
Molto dure le parole di Chadia Elmeouchi Noun, un residente di Beirut attualmente in ospedale: “Ho sempre saputo che siamo guidati da persone incompetenti, da un governo incompetente […] Ma vi dico una cosa – quello che hanno fatto ora è assolutamente criminale”. Ieri l’esecutivo ha annunciato che alcuni funzionari dell’autorità portuale di Beirut sono stati messi agli arresti domiciliari in attesa di un’inchiesta sull’esplosione. Il Consiglio supremo di Difesa del paese ha insistito sul fatto che i responsabili saranno sottoposti alla “massima punizione”. Secondo quanto riferito, il nitrato di ammonio – che viene usato come fertilizzante in agricoltura ma anche per la fabbricazione di esplosivi – era rimasto in un magazzino nel porto di Beirut per sei anni dopo essere stato scaricato da una nave sequestrata nel 2013. Il responsabile del porto di Beirut e il capo dell’autorità doganale hanno entrambi precisato ai media locali di avere scritto diverse volte alla magistratura chiedendo che questa sostanza chimica fosse esportata o venduta per garantire la sicurezza del porto.
Il direttore generale del porto, Hassan Koraytem, ha dichiarato a OTV di essere consapevole del fatto che il materiale era pericoloso quando un tribunale ha ordinato per la prima volta di essere conservato nel magazzino, “ma non fino a questo punto”. Intanto le forze di sicurezza hanno cordonato una vasta area attorno al luogo dell’esplosione, e i soccorritori stanno ancora scavando tra le macerie alla ricerca di vittime o sopravvissuti, mentre la Marina sta perlustrando le acque al largo della costa. Secondo le ultime informazioni, decine di persone risultano ancora disperse. Il ministro della sanità pubblica Hamad Hassan ha confermato che il settore sanitario del Libano è al collasso, privo di posti letto e delle attrezzature necessarie per curare i feriti e assistere i pazienti in condizioni critiche. La strage, infatti, si è aggiunta all’emergenza di coronavirus in corso, che ha assorbito non poche energie in un Paese già sull’orlo del baratro, ora obbligato a far fronte anche alle esigenze di oltre 300.000 persone rimaste senza casa a seguito dell’esplosione. “Beirut ha bisogno di cibo, Beirut ha bisogno di vestiti, case, materiali per ricostruire le case. Beirut ha bisogno di un posto per i rifugiati, per la sua gente”, ha confermato il governatore Marwan Aboud.
Sul fronte della cronaca, sale ad almeno 137 morti, alcune decine di dispersi e oltre 5.000 feriti il nuovo bilancio delle esplosioni di martedì a Beirut, in Libano. Ma si teme che i numero crescano ancora. La strage secondo le autorità è stata causata da un incendio in un magazzino nel porto dove erano conservate in modo non sicuro 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio. I libanesi hanno espresso la loro rabbia nei confronti del governo, accusato di corruzione, negligenza e cattiva amministrazione, addossandogli le responsabilità della tragedia. Ieri l’esecutivo ha annunciato che alcuni funzionari dell’autorità portuale di Beirut sono stati messi agli arresti domiciliari in attesa di un’inchiesta sulle esplosioni. Il Consiglio supremo di Difesa ha insistito sul fatto che i responsabili saranno sottoposti alla “massima punizione”.
Secondo quanto riferito, il nitrato di ammonio – che viene usato come fertilizzante in agricoltura ma anche per la fabbricazione di esplosivi – era rimasto in magazzino per sei anni dopo essere stato scaricato da una nave sequestrata nel 2013. Il responsabile del porto e il capo dell’autorità doganale hanno precisato ai media locali di avere scritto diverse volte alla magistratura, chiedendo che questa sostanza chimica fosse esportata o venduta per garantire la sicurezza del porto. Intanto i soccorritori stanno ancora scavando tra le macerie alla ricerca di vittime o sopravvissuti, mentre la Marina sta perlustrando le acque al largo della costa in cerca dei dispersi. Il ministro della sanità pubblica Hamad Hassan ha confermato che il settore sanitario del Libano è al collasso, privo di posti letto e delle attrezzature necessarie per curare i feriti e assistere i pazienti in condizioni critiche. La strage, infatti, si è aggiunta all’emergenza di coronavirus. Da ogni parte del mondo stanno arrivando aiuti e soccorsi, l’Italia ha inviato due C-130 per il trasporto di specialisti dei vigili del fuoco, medicinali e materiale sanitario.