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Macron e Starmer propongono una tregua in Ucraina: ‘Il sostegno dell’Italia è cruciale’

Parigi e Londra provano a forzare la mano nel conflitto ucraino: una tregua di 30 giorni, niente raid aerei, niente attacchi navali, stop alle devastazioni delle infrastrutture energetiche. La proposta arriva da Emmanuel Macron e Keir Starmer, rispettivamente presidente francese e premier britannico. Macron, in un’intervista al Figaro, non usa giri di parole: “Un cessate il fuoco totale tra Usa e Russia? Non ci credo. Putin vuole umiliare Kiev, smilitarizzarla a tutti i costi”.

La sua idea, condivisa con Starmer, è più concreta: “Una pausa che possiamo misurare. Il fronte oggi è lungo come da Parigi a Budapest, oltre mille chilometri. Controllare un cessate il fuoco su questa scala? Una chimera”. L’obiettivo è chiaro: fermare le armi per un mese, dare ossigeno alla diplomazia, evitare che l’inverno ucraino diventi ancora più nero. Ma il francese non si illude: “Serve realismo, non sogni”.

Starmer mobilita Trump, Londra prende il timone

Il Regno Unito si mette in prima linea. Starmer, fresco di vertice a Londra con 15 leader europei, tira in ballo Donald Trump. “L’ho sentito sabato sera”, rivela in conferenza stampa. “Non svelo i dettagli, ma non muovo un passo senza credere in un esito positivo”. Il messaggio è diretto: allineare Ucraina, Europa, Regno Unito e Stati Uniti per una pace che tenga.

“Siamo a un bivio storico”, martella il premier, “e ci rivedremo presto per spingere avanti il piano”. Il summit londinese, con Ue, Nato, Turchia e Canada al tavolo, mette nero su bianco la linea: “Pace solida e sicurezza collettiva”, twitta Macron. Starmer insiste: “Non è solo una tregua, è un ponte per qualcosa di duraturo”. Fonti vicine a Downing Street parlano di un Regno Unito deciso a guidare il dossier ucraino, forte anche del dialogo con Washington. Trump, contattato nel weekend, resta una carta imprevedibile: il suo sì potrebbe cambiare le carte in tavola.

Macron chiama l’Italia: “Serve una Roma forte”

Parigi guarda a sud. Macron, in un’intervista al Foglio, non lascia spazio a dubbi: “L’Europa deve essere credibile sul lungo termine in Ucraina. Ci vogliono garanzie di sicurezza, e per questo serve un’Italia forte, accanto a Francia e Germania”. Il presidente cita l’invito del 17 febbraio a Giorgia Meloni: “Roma deve agire da grande paese, come fece con Draghi”. Un appello che suona come una sfida: l’Italia è attesa al varco.

Meloni, volata a Londra per incontrare Starmer a Downing Street, risponde presente. “Pace giusta e duratura in Ucraina, è il nostro obiettivo”, scandisce davanti ai cronisti. Non solo parole: propone un summit tra Usa e leader europei. “L’Occidente non può dividersi ora, se ci spacchiamo perdiamo tutti”, avverte. Il faccia a faccia con Starmer tocca più fronti: oltre all’Ucraina, si parla di migranti e difesa comune. “Con Londra cresciamo mese dopo mese”, aggiunge la premier, “su sicurezza, energia, lotta ai trafficanti di uomini. Ci vogliono strumenti nuovi”.

Il piano e i suoi ostacoli

La tregua di Macron e Starmer è un compromesso pragmatico: non risolve il conflitto, ma potrebbe congelarlo per un mese. Il problema? Senza un cenno da Mosca, resta un’ipotesi sulla carta. Putin, finora, non ha dato segnali di apertura, e il Cremlino potrebbe leggere la proposta come un segno di debolezza occidentale. Sul terreno, intanto, la guerra morde: il fronte ucraino è un muro di trincee e rovine, con Kiev che chiede armi e aiuti per reggere l’urto.

Il vertice di Londra ha comunque acceso i motori diplomatici. “È il momento di agire”, ripete Starmer, mentre Macron rilancia sui social: “Uniti per l’Ucraina e per la nostra sicurezza”. Meloni, da parte sua, insiste sull’unità: “L’Italia può fare da ponte, ma serve coesione”. Tra i temi caldi emersi a Downing Street, spicca la lotta all’immigrazione irregolare: “Con il Regno Unito possiamo fare di più”, promette la premier, citando energia e difesa come terreni di collaborazione.

Il piano franco-britannico è una scommessa in un conflitto che ha già stravolto gli equilibri globali. Un mese di tregua non è la pace, ma potrebbe essere un primo passo. O un altro nulla di fatto. Intanto, l’Europa si compatta, l’Italia si candida a pesare di più, e il dialogo con gli Usa resta il jolly da giocare. In un mondo sull’orlo del baratro, ogni mossa conta.

Pubblicato da
Eleonora Fabbri