Furono cinque i colpi di pistola calibro 7,65 che colpirono a morte il giornalista Pippo Fava il 5 gennaio 1984, nella sua Catania. Un calibro non usato dalla mafia, dissero all’epoca. “La mafia a Catania non esiste”, fu il passa parola che circolò tra le elite della città. Il delitto, infatti, fu etichettato come passionale prima e come economico poi. La sera del 5 gennaio Giuseppe Fava (per i colleghi Pippo) poco dopo le 21 lascia la redazione del suo giornale, “I Siciliani”, e sale in macchina per andare a prendere sua nipote, quella nipote che aveva ereditato la sua stessa passione per il teatro, la nipote che recitava in “Pensaci, Giacomino!”. L’esecuzione di Pippo Fava iniziò molto prima di quel 5 gennaio e continuò ben oltre. Da tempo, infatti, era in atto una strategia di discredito sulla figura del giornalista, con minacce neanche troppo velate e una vera e propria campagna di delegittimazione – che continuò per anni dopo l’omicidio – in cui si mescolarono, con perizia, verità e menzogne. La verità, quella che cancellerà ogni dubbio sulla brutale esecuzione mafiosa di Fava, arriverà solo dieci anni dopo quando un pentito, Maurizio Avola, iniziò a parlare e si auto accusò dell’omicidio del giornalista.
La magistratura catanese riapri’ il caso, ricostruendo la trama dell’omicidio ad opera di Cosa Nostra, partendo dalla presenza nel gruppo di fuoco di Avola ed arrivando alle parole di Nitto Santapaola. Il capomafia catanese, secondo le cronache, pronuncerà una vera e propria condanna a morte di Fava: “Questo noi dobbiamo farlo non tanto o non soltanto per noi. Lo dobbiamo ai cavalieri del lavoro perchè se questo continua a parlare come parla e a scrivere come scrive, per i cavalieri del lavoro è tutto finito. Per loro e per noi”. Il processo “Orsa Maggiore 3” si concluse nel 2003 in Cassazione e, per l’omicidio di Fava, furono condannati all’ergastolo Nitto Santapaola (ritenuto il mandante) e Aldo Ercolano come esecutore assieme al reo confesso Maurizio Avola, che patteggiò sette anni. Giuseppe Fava iniziò la sua carriera giornalistica in maniera molto duttile e scrivendo di tutto. L’esordio, dopo la laurea in giurisprudenza e collaborazioni minori, fu all’Espresso Sera nel 1956, poco più che trentenne. Da allora si spostò a Roma dove ha condotto la trasmissione di Radiorai “Voi e io”, fino alle collaborazioni con il Corriere della Sera e con Il Tempo. Il punto di svolta della carriera giornalistica di Fava avvenne all’inizio degli anni ottanta quando si trasferi’ a Catania per dirigere il Giornale del Sud. L’esperienza della direzione del giornale, pero’, sara’ molto breve perchè quando la gestione verrà affidata a una nuova cordata di imprenditori, Fava verrà licenziato. Da quel momento nascerà il sogno di un giornale autonomo, indipendente e di inchieste: “I Siciliani”. Lo stesso giornale che rappresenta da anni, ben oltre la sua morte, un grande veicolo di forza e dignità per la Sicilia.