‘Mafia Capitale’, Carminati al maxprocesso: tutti zitti e l’unico scemo sono io

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“Qua stanno tutti zitti e l’unico scemo alla fine sono io”. Massimo Carminati, l’ex esponente dei Nar accusato dalla Procura di essere uno dei capi dell’associazione per delinquere di stampo mafioso denominata ‘Mafia Capitale’, ha preso oggi la parola durante il maxiprocesso in corso nell’aula bunker di Rebibbia per denunciare di essere oggetto di un nuovo attacco mediatico. “Ieri L’Espresso – ha esordito Carminati, collegato in videoconferenza dal carcere di Parma dove e’ sottoposto al regime duro del 41 bis – mi ha ancora una volta onorato della sua attenzione con un articolo in prima pagina in cui si torna a parlare della storia dei documenti riservati”.

Si tratta di quelle carte che, sottratte dal caveau della Banca di Roma, interna al Palazzo di giustizia, e appartenute a magistrati, avvocati e dipendenti dell’amministrazione giudiziaria, continuano a tenere sotto ricatto – secondo il settimanale – pezzi dello Stato e condizionare l’esito di importanti processi. Un furto che Carminati, assieme ad altri complici, mise a segno nel luglio del 1999 a piazzale Clodio, violando centinaia di cassette di sicurezza e che gli costo’ una condanna a quattro anni di reclusione, di cui tre cancellati da un indulto. Ma la ricostruzione giornalistica e’ stata respinta con forza da Carminati secondo il quale questa e’ la tesi portata avanti da un ufficiale del Ros che ha condotto le indagini su ‘Mafia Capitale’. “Io non mi devo difendere solo in questo processo – ha detto l’ex estremista di destra – ma anche in quello che sta succedendo fuori. Si ipotizza in questo articolo una corruzione in atti giudiziari con i giudici del processo Pecorelli (che hanno assolto Carminati nel settembre del 1999, ndr) ma io so che non ci sono procedimenti in corso. Vorrei che venisse fatto un processo sui processi che si riferiscono a me e che sono stati celebrati prima di questo giudizio. Qua stanno tutti zitti e alla fine risulta che l’unico scemo sono io”.