Mafia Capitale, Pm chiede 28 anni di carcere per Carminati e 26 per Buzzi
Oltre 500 anni di reclusione per 46 imputati. Per l’accusa “fatti gravi” e “riscontrata una spiccata capacità di delinquere”
Ventotto anni di carcere per Massimo Carminati e 26 anni per Salvatore Buzzi. Queste le richieste di pena fatte dai pubblici ministeri nell’ambito del processo ‘Mafia Capitale’. Secondo l’accusa, che ha fatto la sua requisitoria nell’aula bunker di Rebibbia, il processo riguarda “fatti gravi” ed “è stata riscontrata una spiccata capacità di delinquere” negli imputati. Ancora, i pm hanno chiesto una condanna a 19 anni e 6 mesi per Luca Gramazio, a 21 anni per Franco Panzironi e a 22 anni per Fabrizio Franco Testa. Secondo i pubblici ministeri da parte degli imputati “sono state osservate plurime azioni criminose”. I pm sono Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini, mentre il procuratore aggiunto è Paolo Ielo. La procura di Roma ha chiesto complessivamente oltre 500 anni di reclusione nei confronti dei 46 imputati del processo Mafia Capitale. “Le plurime azioni criminose collettive, che si collocano in quadro associativo, nel cui ambito hanno interagito 19 imputati, e i motivi a delinquere – riconducibili esclusivamente all’arricchimento economico, attraverso il metodo mafioso – devono ritenersi idonei a valutare i fatti commessi come di particolare gravità e gli imputati portatori di una spiccata capacità a delinquere”. Così scrivono i pubblici ministeri nel documento con il quale hanno formulato le loro richieste davanti ai giudici della X sezione penale del tribunale di Roma nell’ambito del processo `Mafia Capitale’. Sono dure le pene proposte.
LE CONDANNE
Per il maggiore imputato, l’ex terrorista nero Massimo Carminati (foto dx), si chiedono 28 anni di carcere e 2 anni di misura di sicurezza in una colonia agricola. L’ex Nar esulta alzando le braccia alle richieste, ma incassa il colpo. I pm Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli, con il procuratore aggiunto Paolo Ielo, sollecitano che la corte non conceda le attenuanti generiche a nessuno degli imputati se non a Luca Odevaine che ha sostanzialmente ammesso le proprie responsabilità e cercato di avviare un percorso di collaborazione con gli inquirenti, passato anche ad una condanna a 2 anni e 8 mesi con un patteggiamento in procedimento stralcio. Per il cosiddetto `ras delle cooperative’ si chiedono 26 anni e 3 mesi di carcere. 19 anni e 6 mesi per Luca Gramazio, ex consigliere prima del comune di Roma e poi della Regione Lazio, e 21 anni per Franco Panzironi, ex Ad di Ama. In totale sono 515 gli anni di carcere chiesti per i 46 imputati. Carminati e gli altri 18 imputati ai quali la procura contesta il 416 bis, si legge nel capo di imputazione, sono accusati di “aver fatto parte di un’associazione di stampo mafioso operante a Roma e nel Lazio, che si avvale della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e dell’omertà che ne deriva per commettere delitti di estorsione, usura, riciclaggio, corruzione di pubblici ufficiali e per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione e il controllo di attività economiche, concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici”. Nei confronti di Carminati i pubblici ministeri hanno anche chiesto la confisca delle opere d’arte che gli sono state sequestrate e, in quanto delinquente abituale, la misura di sicurezza di due anni da scontarsi nella colonia agricola o in una casa di lavoro.
LA DIFESA
“Con assoluta serenità assistiamo a questa ennesima forzatura con la quale la Procura della Repubblica di Roma ha chiuso il processo di Mafia Capitale”. Così afferma il difensore di Salvatore Buzzi (foto sx), Alessandro Diddi, in una nota rispetto alla conclusione della requisitoria nell’ambito del processo ‘Mafia Capitale’. “Le richieste di pena formulate in data odierna – continua il penalista – dimostrano come la Procura abbia perso una grande occasione per riparametrare il trattamento sanzionatorio richiesto a quanto emerso nel corso del dibattimento, che ha praticamente demolito tutti gli elementi accusatori delineati nel corso delle indagini”. L’avvocato Diddi aggiunge poi: “Spiace che una Procura cosi attenta e autorevole non abbia saputo cogliere l’occasione, con la pacatezza che un impegno tanto importante avrebbe richiesto, per ricondurre nei giusti confini le vicende di un imprenditore che nel corso degli anni ha dovuto barcamenarsi tra le costanti e continue richieste provenienti dalla politica. Probabilmente la scarsa dimestichezza con fenomeni di vera criminalità organizzata ha fatto perdere il controllo dei criteri di dosimetria della pena. Purtroppo, ancora una volta, bisogna constatare che si è cercato di sopperire alla totale mancanza di prova con le suggestioni ricercate attraverso sproporzionate richieste di pene”.