I carabinieri del Comando provinciale di Agrigento hanno eseguito sette ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti dei vertici e degli affiliati della cosca mafiosa di Menfi. Il blitz, ordinato dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo con il nome in codice “Operazione Opuntia”, e’ stato eseguito da 100 militari, con l’ausilio di unita’ cinofile e di metal detector per la ricerca di armi. Gli arrestati sono tutti ritenuti responsabili di appartenere a Cosa nostra agrigentina e di aver perseguito, nella valle del Belice, il controllo di attivita’ economiche e di appalti pubblici. Documentati collegamenti con i capi mandamento e i boss di Sciacca e dintorni. Numerose le perquisizioni. L’indagine, che segue di poco la recente vasta operazione antimafia denominata “Montagna” che ha colpito tre mandamenti agrigentini e 16 clan ad essi collegati, ha di fatto azzerato la cosca mafiosa attiva nel territorio di Menfi. Accertato anche il coinvolgimento di un elemento di vertice della cosca di Sciacca. Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso armata, con l’aggravante dell’aver perseguito il controllo di attivita’ economiche e di appalti pubblici.
PROGETTO RILANCIO I carabinieri, attraverso una fitta rete di pedinamenti e intercettazioni, sono riusciti a documentare come gli indagati avessero riorganizzato la famiglia mafiosa di Menfi, dopo essere entrati in contatto con elementi del calibro di Leo Sutera, gia’ capo del mandamento di Sambuca di Sicilia e con il benestare di Pietro Campo, capo della cosca mafiosa di Santa Margherita di Belice e di Montevago. Questi ultimi, indagati in altri procedimenti, non risultano colpiti dal provvedimento restrittivo. La riorganizzazione si era resa necessaria a seguito di un’altra imponente operazione dei Carabinieri, condotta nel 2008 sotto il nome in codice “Scacco matto”, che aveva portato all’azzeramento di Cosa nostra in tutta la valle del Belice. L’indagine ha permesso di fare luce sugli attuali assetti organizzativi e gestionali in seno all’organizzazione, delineando i ruoli direttivi assolti dai capi di Menfi e Sciacca e la piena disponibilita’ nei loro confronti da parte dei rimanenti affiliati.Durante le varie fasi dell’inchiesta, gli indagati si sono dimostrati particolarmente attenti sia negli spostamenti, sia nel parlare tra di loro, limitando al massimo gli incontri, che avvenivano solo in luoghi isolati e insoliti, quali maneggi, abitazioni e persino ambulatori medici. Piu’ di una volta, hanno tra l’altro chiesto ad officine meccaniche compiacenti, di eliminare microspie dalle autovetture in loro uso. L’inchiesta si e’ incentrata principalmente sulla figura del capo della cosca mafiosa di Menfi, il quale, al fine di ricostituire l’organizzazione menfitana, colpita nel 2008 dall’operazione “Scacco Matto”, ha in un primo tempo contattato Domenico Friscia, autorevole esponente di vertice di Sciacca. Ha poi sondato il terreno con il medico Pellegrino Scirica al fine di comprendere se questi avesse preso o meno le redini dell’organizzazione in un momento di sbandamento. Infine, prima di muoversi per tessere la sua ragnatela di contatti con picciotti a sua disposizione, ha chiesto ed ottenuto l’autorizzazione di Pietro Campo in occasione di due incontri avvenuti rispettivamente il 30 giugno e il 9 luglio 2015.
MONOPOLIO DEI GIOCHI Ottenuta l’investitura, la rinata cosca di Menfi ha ripreso il controllo del territorio, iniziando dal business dell’imposizione dei video poker e delle slot machine negli esercizi commerciali della localita’ rivierasca. Emblematica e’ la conversazione in cui gli indagati affermano: “Ci dobbiamo mettere con le macchinette e ce li prendiamo noialtri i soldi!”.
I SUMMIT NELLO STUDIO MEDICO Gli incontri documentati dai Carabinieri avvenivano nei luoghi piu’ disparati. Molto spesso all’interno o nei pressi dell’ambulatorio medico menfitano messo a disposizione da una delle figure centrali dell’inchiesta, il medico di base menfitano Pellegrino Scirica. Questi, oltre a veicolare le informazioni all’interno dell’organizzazione, e’ spesso intervenuto nella gestione degli affari dell’associazione, incontrando persino, in una circostanza, il capomafia Leo Sutera. Tra gli elementi apicali coinvolti nell’indagine, risulta esservi anche Domenico Friscia, personaggio di spicco della cosca di Sciacca, gia’ noto nell’ambito di altri procedimenti penali, il quale si sarebbe anche attivato al fine di procurarsi armi da fuoco da tenere nella disponibilita’ dell’organizzazione. Tutti i destinatari della misura il luglio 2016 erano gia’ stati arrestati dai carabinieri di Sciacca per le stesse ipotesi di reato, in esecuzione di un fermo di indiziato di delitto emesso dalla Dda di Palermo.