LA TRATTATIVA Attorno alle dichiarazioni di Massimo Ciancimino su una presunta “trattativa” tra il padre e gli uomini del Ros è stato organizzato un parallelo “processo mediatico”. E’ uno dei punti centrali della linea difensiva illustrata oggi in aula dal generale Mori imputato nel processo sulla “trattativa”. “Queste dichiarazioni, caratterizzate da una inusitata diluizione nel tempo, accompagnate da fughe di notizie e preannunci sensazionalistici, inframmezzate da interviste sui giornali e apparizioni televisive ben orchestrate, hanno creato – ha detto Mori – una sorta di processo mediatico, tutt’ora in corso, che ha finito per indurre, nell’opinione pubblica, convincimenti che i fatti e gli esiti processuali non hanno assolutamente ratificato ed hanno, anzi, sonoramente smentito”. Mori ha attaccato le dichiarazioni di Ciancimino jr su molti punti tra cui i contatti con il famigerato “Carlo/Franco”, un funzionario dei servizi di sicurezza che avrebbe assicurato il collegamento con Nicola Mancino e Virginio Rognoni, uno imputato e l’altro teste nel processo. Secondo Mori, le dichiarazioni “a rate” di Massimo Ciancimino sono paragonabili a una “messa in scena” del tutto inattendibile perché “egli non dispone dei fondamenti conoscitivi della materia, fatto che gli avrebbe consentito di appoggiarsi a riferimenti più validi invece di quelli romanzeschi usati”. L’ufficiale ha quindi accusato il figlio di Ciancimino di avere presentato fotocopie di prove infondate. Ciancimino jr non avrebbe assistito agli incontri tra il padre e gli uomini del Ros, “non ha prodotto dichiarazioni o scritti autentici attribuibili al padre”.
PAPELLO Non è mai esistito il “papello” con la richiesta di benefici da concedere a Cosa nostra nell’ambito di una “trattativa” tra Stato e mafia. E false sono tutte le altre ricostruzioni, proposte da Massimo Ciancimino, degli incontri del padre Vito con gli uomini del Ros. Nelle sue dichiarazioni spontanee in aula il generale Mario Mori ha cercato di demolire, punto per punto, le dichiarazioni di Ciancimino jr, a partire dal “papello”. “Questa affermazione (sul papello, ndr) – ha detto l’ufficiale – è completamente inventata. Se Vito Ciancimino mi avesse mostrato un qualsiasi documento che, asseritamente ovvero per mia deduzione, avrebbe potuto essere attribuito a esponenti mafiosi, l’avrei immediatamente sequestrato: in quel momento avrei conseguito il risultato che mi ripromettevo dal rapporto con Ciancimino che, costretto ad ammettere un suo diretto contatto con Cosa nostra, sarebbe stato poi obbligato in qualche modo a collaborare per evitare la detenzione”. Mori ha anche smentito che Vito Ciancimino, il figlio Massimo e Bernardo Provenzano abbiano consentito la cattura di Totò Riina. “La versione di Massimo Ciancimino – ha detto Mori – è falsa”. L’arresto è scaturito, ha spiegato, da un’attività investigativa del Ros. L’ex sindaco aveva chiesto una mappa per individuare, con l’aiuto di Provenzano, il covo del padrino. Ma, secondo Mori, la mappa non è mai uscita dalla casa dell’ex sindaco e del resto, ha annotato, sarebbe bastato un “pizzino” di Provenzano con l’indirizzo. Vito Ciancimino avrebbe avuto l’interesse a far pesare il suo contributo alla cattura di Riina per accreditarsi come collaboratore affidabile. “Ma non lo fece – ha concluso Mori – perché quel contributo non c’è mai stato”