Lasci l’appartamento di “servizio” e torni a casa sua. Luigi Di Maio salta in aria, nell’apprendere la notizia secondo la quale l’ex ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, vive a tutt’oggi nell’alloggio assegnatole dallo Stato, a suo tempo, in qualità di esponente del governo Conte 1. In pratica, la pentastellata ha lasciato il dicastero ma non la casa in pieno centro di Roma, in cui vive a tutt’oggi con il marito, pur avendo un appartamento di proprietà nella stessa Capitale. Quanto basta per far esplodere una polemica che coinvolge tutto l’arco parlamentare. M5s compreso, che si scaglia contro l’ex ministra. “Noi siamo nati con un’altra missione, stare nei palazzi rischia sempre di contaminarci… – sbotta il viceministro pentastellato allo Sviluppo economico, Stefano Buffagni -. Mi auguro che venga liberato il prima possibile l’appartamento e venga tolto dall’imbarazzo il M5s”. La notizia è stata pubblicata dal “Corriere”, a cui la stessa ex ministra ha replicato con un una lettera aperta, con la quale, in buona sostanza, ritiene che tutto è in regola.
In pratica, come fa sapere la stessa Trenta, l’appartamento di “servizio” è a lei disponibile fino al prossimo 5 dicembre. Ma siccome a suo marito, il maggiore dell’Esercito, Claudio Passarelli, spetta un alloggio di “servizio”, la relativa richiesta è stata fatta per lo stesso appartamento in cui tutt’oggi vive la coppia. Già lo scorso anno, sempre il marito, era stato inconsapevolmente protagonista di un’altra polemica pentastellata, in occasione della nomina a ministro della moglie, per un conflitto di interesse che sta nelle cose, dato che la Trenta assumeva l’incarico di titolare della Difesa e il marito è un dipendente dello stesso dicastero. Trenta “è opportuno che lasci quell’alloggio”, poi il marito “farà la richiesta per ottenere l’appartamento come tutti gli ufficiali dell’Esercito, seguendo la normale graduatoria”, puntella lo stesso capo politico 5 stelle, Di Maio. Certo, sono finiti i tempi in cui i grillini andavano a piedi o in autobus nelle sedi istituzionali. Oggi, anche per loro è tempo di autoblu e di alloggi di “servizio”. “Non daremo tregua a lei (Trenta, ndr) e ai moralisti grillini che dovevano fare la rivoluzione ma sistemano mariti e amici in case o posti pubblici” dice il senatore di Fi, Maurizio Gasparri.
“L’ipocrisia del M5s non ha limiti e pur di rimanere attaccati alle poltrone si insultano e scaricano a vicenda”, rincara la dose il capogruppo FdI alla Camera, Francesco Lollobrigida. Anche gli alleati del Conte 2 attaccano i 5stelle. “Se le indiscrezioni risultassero vere, saremmo di fronte ad un comportamento molto grave, anche perché coinvolgerebbe una esponente di primissimo livello del M5S”, afferma il capogruppo Pd al Senato, Andrea Marcucci che preannuncia una interrogazione parlamentare. Tuttavia, non sono nuovi a questi “incidenti” di percorso, i Cinquestelle. Tra i casi che hanno fatto più scandalo, le firme false a sostegno della lista del M5s di Palermo, la vicenda della colf in nero della compagna del presidente della Camera, Roberto Fico. In una storia di lavoro in nero è finito anche Antonio Di Maio, papà del capo politico del M5s. O il caso di Vittorio Di Battista, padre del Dibba, che risultava titolare di una società che aveva debiti con il fisco e un lavoratore in nero. Capitolo a parte, i furbetti dei rimborsi (bonifici fatti e poi annullati).
Intanto, Il Sindacato dei Militari ha presentato oggi un esposto alla procura di Roma in relazione alla vicenda dell’alloggio di servizio assegnato a Elisabetta Trenta,. “In particolare – si legge nel documento firmato dal Segretario Generale Luca Marco Comellini – gli aspetti da chiarire e che potrebbero presentare profili di rilievo penale risultano inerenti alla domanda di assegnazione dell’alloggio Asi di prima fascia, con particolare riferimento alla veridicita’ delle informazioni rilasciate circa la titolarita’ di immobili nella stessa circoscrizione alloggiativa”, ai criteri seguiti per la stessa assegnazione ed eventuali forzature nell’applicazione della norma vigente. Il sindacato chiede quindi ai magistrati romani di eseguire accertamenti al fine di individuare eventuali profili penali.