Assolto dall’accusa di essere stato a capo di una associazione a delinquere dedita al traffico illecito di rifiuti. E’ la decisione dei giudici della prima sezione penale di Roma che hanno fatto cadere le accuse per Manlio Cerroni, ex patron della discarica di Malagrotta, al termine di un processo durato oltre quattro anni. I magistrati, al termine di una camera di consiglio durata oltre 8 ore, hanno assolto anche i collaboratori di Cerroni, Francesco Rando, Bruno Landi, Piero Giovi e Giuseppe Sicignano, ex supervisore delle attivita’ operative nell’impianto Tmb (trattamento meccanico-biologico) e nella discarica di Albano Laziale.
Cadute le accuse anche per Luca Fegatelli, ex dirigente della Regione Lazio e Raniero De Filippis, gia’ a capo del dipartimento Territorio della Regione. Nel marzo scorso la Procura aveva sollecitato una condanna a 6 anni per il “Supremo” che dopo la sentenza non ha trattenuto la commozione. “Non chiedevo un premio ma il castigo no, dopo tutto quello che ho fatto nella vita e per Roma che ho amato tanto. Quante volte ho detto ‘ditemi, che io la sistemo questa citta’”, ha detto Cerroni che tra pochi giorni compira’ 92 anni. E’ stato lui stesso a prendere la parola in aula, pochi minuti prima che la corte si ritirasse in camera di consiglio.
“E’ sotto gli occhi di tutti, come la stampa da anni impietosamente ci ricorda, che Roma e’ diventata una discarica a cielo aperto e l’Ama e’ prossima alla Caporetto”, ha affermato, citando anche i suoi nuovi guai giudiziari e in particolare il sequestro del 27 luglio scorso di 190 milioni di euro alla societa’ che gestisce la discarica di Malagrotta. In quest’ultima indagine dei carabinieri del Noe, coordinata dal procuratore aggiunto Michele Prestipino e dal pm Alberto Galanti, oltre a Cerroni e Rando, risulta indagata anche Carmelina Scaglione, attuale rappresentante legale della societa’. La somma sequestrata su decreto firmato dal gip Costantino De Robbio corrisponde “al risparmio di spesa dal 2012 ad oggi per l’omessa” estrazione “del percolato nella misura della minore somma quantificata dal consulente da ritenersi comprensiva – e’ detto nel provvedimento – di ogni successivo reinvestimento o trasformazione e di qualsiasi vantaggio economicamente valutabile nei confronti degli indagati”.