Cronaca

Malaria, stesso parassita bimbi ricoverati a agosto. Sofia è “arrivata troppo tardi”

Sofia, la bimba trentina di 4 anni morta per malaria, e’ stata colpita dallo stesso parassita che in agosto aveva  costretto al ricovero all’ospedale di Trento due bambini al rientro dal Burkina Faso. Ad affermarlo e’ Nunzia Di Palma, direttrice dell’unita’ operativa del reparto pediatria dell’ospedale “Santa Chiara” di Trento. I due bambini si trovavano nel reparto pediatria negli stessi giorni di quando era stata ricoverata una prima volta la piccola Sofia. Due sono stati i ricoveri di Sofia a Trento, il primo per una faringite, come e’ stato diagnosticato, il secondo, quello piu’ recente, quando le venne diagnosticata la malaria. Nel frattempo, a seguiti della morte di Sofia Zago avvenuta nella notte tra domenica e lunedi’, la Procura della Repubblica di Trento ha aperto un’indagine per omicidio colposo contro ignoti. Intanto, non sono state trovate zanzare nelle quattro trappole fatte porre dall’Azienda sanitaria nel reparto di pediatria dell’ospedale di Trento, al centro della vicenda della morte per malaria di Sofia.

Sofia, la bimba trentina di 4 anni morta per malaria, e’ “arrivata troppo tardi” all’ospedale di Brescia, dove e’ morta lunedi’ 4 settembre. Lo ha detto il direttore generale dell’Asst Spedali Civili di Brescia, Ezio Belleri, che durante un’intervista a Repubblica Tv ha spiegato che “ee la situazione fosse stata compresa molto prima e non sabato, quando la bambina e’ stata trasferita a Brescia, probabilmente si sarebbe potuto agire in maniera diversa . Ma a quel punto, in quelle condizioni, ne’ i colleghi di Trento, ne’ noi potevamo fare nulla”. La bambina, colpita dallo stesso parassita che in agosto aveva costretto al ricovero all’ospedale di Trento due bambini al rientro dal Burkina Faso, e’ arrivata al pronto soccorso di Brescia sabato pomeriggio quando era gia’ “in stato comatoso”, ha sottolineato Belleri. “Non c’e’ stato nulla da fare, siamo stati coinvolti nel passaggio finali, quando Sofia e’ arrivata da noi aveva gia’ una diagnosi”, ha spiegato, “i colleghi di Trento avevano gia’ avviato la corretta terapia e l’abbiamo potenziata con tutti gli strumenti a disposizione. Ma si erano gia’ attivati i meccanismi di patogenesi del danno cerebrale ovvero una delle modalita’ attraverso le quali agisce questo micro organismo che colpisce i globuli rossi e innesca una serie di azioni e reazioni che in situazioni gravi portano fino al decesso del paziente”.

L’ ESPERTO

“In Italia ci sono le zanzare anofele, il pensiero corre a Fausto Coppi per il quale non fu pensata la diagnosi di malaria e quando fu pensata fu tardivo l’intervento terapeutico”. Lo afferma il professor Aldo Morrone, direttore Servizio Salute Globale dell’Ospedale San Gallicano di Roma, ai microfoni di Radio Cusano Campus nel corso del programma Genetica, commentando il caso della bimba morta a Brescia. “Questo è un evento rarissimo ed eccezionale, sono vicino alla famiglia di questa bambina morta in modo quasi incomprensibile. La malaria – aggiunge – è un problema serio nel nostro pianeta e lo dimostra il fatto che circa 250 milioni di persone nel mondo si ammalano di malaria e mezzo milione muoiono. Nel nostro paese era stata eradicata, l’ultimo caso autoctono risale a circa 30 anni fa. Il contagio avviene solo attraverso la puntura di un particolare tipo di zanzara”. “Difficile per i medici che l’hanno avuta in cura pensare alla malaria anche perché la bambina non proveniva da aree a rischio. In Italia – prosegue Morrone – ci sono le zanzare anofele ma non quelle che trasmettono la malaria, pur appartenendo alla stessa specie. A livello mondiale ce ne sono 400 specie ma le pericolose sono meno di una trentina. In Italia quelle presenti non possono trasmettere la malaria anche grazie alle bonifiche e ai migliori sistemi di vita. Ci siamo preoccupati molto del movimento delle persone nel mondo, meno delle merci, quasi per nulla degli insetti e delle zanzare. Scientificamente priva di fondamento la responsabilità dell’immigrato in questa vicenda”. “Il pensiero corre a Fausto Coppi per il quale non fu pensata la diagnosi di malaria e quando fu pensata fu tardivo l’intervento terapeutico, andò diversamente per il suo collega francese che invece si salvò perché l’Istituto Francese pensò potesse essere appunto malaria. Avremmo dovuto riflettere meglio – conclude – sul rischio della diffusione di questi microorganismi”.

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