Economia

In mano ad Apple, Amazon e 28 colossi gran parte debito

Apple, Amazon, Microsoft e altre 27 grandi compagnie Usa, compresi alcuni colossi della old economy, come General Electric e Ford, sono diventate uno dei piu’ grandi collettori del debito pubblico e privato Usa. Lo rivela il Financial Times, il quale nota che i 30 big dell’industria statunitense, oltre a emettere obbligazioni per finanziarsi, impiegano la liquidita’ che hanno accumulato in questi anni per comprare a man bassa titoli di Stato, obbligazioni, cartolarizzazioni e corporate debt, cioe’ i bond da loro stessi emessi. Secondo il Ft, 30 grandi compagnie Usa, i cosiddetti ‘gorilla’ (aziende che dominano i mercati senza monopolizzarli), detengono 1.200 miliardi di dollari di liquidita’, titoli del debito pubblico e privato e quote di investimenti, (Apple da sola ha messo da parte una massa di cash da 150 miliardi di dollari), cioe’ cifre molto piu’ alte di quelle che gestiscono i ‘buyer’ di professione, come gli asset management, o gli hedge fund. Di fatto queste corporate, queste grandi aziende, agiscono ora in proprio come gestori patrimoniali, hanno creato dei propri desk di trading e sono prepotentemente diventate delle protagoniste del mercato finanziario, assumendosi rischi che normalmente queste imprese industriali non si prendono. Il motivo per cui lo fanno e’ semplice: il corporate debt, un mercato valutato intorno agli 8.600 miliardi di dollari, e’ piu’ redditizio del mercato dei titoli del debito pubblico, che in Europa e in Giappone hanno ormai tassi negativi.

Il rendimento dei Treasury, i titoli decennali del debito publico statunitense, e’ dell’1,85%, quello medio del corporate debt Usa e’ del 3,13%. “Se paragonassimo la liquidita’ della grandi aziende Usa a un paese – spiega Rick Rieder, chief investment officer di BlackRock – sarebbe tra i primi 10 del mondo per dimensione del Pil”. E, aggiunge, e’ “concentrata” in sole 30 aziende. La cifra complessiva in loro possesso, pari a circa 1.200 miliardi di dollari, secondo il Ft e’ cosi’ suddivisa: il cash ammonta a circa 300 miliardi di dollari (10 miliardi di dollari in media a testa), a cui si aggiungono 423 miliardi di dollari di corporate debt e di commercial paper securities (finanziamenti a breve per le imprese), 369 miliardi di dollari di titoli del debito pubblico Usa e 40 miliardi di dollari di cartolarizzazioni. Questo vero e proprio tesoro, concentrato nelle mani di 30 aziende, e’ stato accumulato nel corso di diversi decenni ed e’ in gran parte detenuto all’estero, per pagare meno tasse. Il totale della liquita’ di tutte le aziende non finanziarie Usa nel 2015, secondo la Fed, e’ arrivato alla considerevole cifra di 2.000 miliardi di dollari, di cui oltre la meta’ e’ detenuto dai 30 big. Gestire questo ‘tesoro’ e’ diventato un lavoro a parte per queste aziende, tanto che i vecchi tesorieri si sono ormai trasformati in manager che ragionano come dei gestori patrimoniali professionali e che investono pesantemente nel corporate debt. La caratteristica delle obbligazioni aziendali e’ di essere piu’ vulnerabili dei titoli del debito pubblico alle strette monetarie. Se i tassi salgono, come e’ praticament e inevitabile, visti gli attuali orientamenti della Fed, aumentano di conseguenza i costi di finanziamento e di riflesso il valore dei bond cala. La prospettiva di un aumento dei tassi Usa, quindi, influenzera’ parecchio il modo in cui i 30 big Usa gestiranno in futuro questo loro ‘tesoro’, che comunque restera’ una delle leve decisive del mercato Usa del debito pubblico e di quello privato.

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