Maradona, autopsia choc: niente droghe o alcol, ma cinque farmaci nel sangue

Diego Maradona
“Non c’erano tracce di droghe o alcol nel sangue di Diego Armando Maradona al momento della morte, il 25 novembre 2020”. La rivelazione arriva come un fulmine dall’ultima udienza del processo che vede sul banco degli imputati l’intero staff medico che seguiva l’ex Pibe de Oro. A mettere la parola fine a anni di speculazioni sono stati i medici legali incaricati dell’autopsia, i cui risultati sono stati presentati in aula con chiarezza inequivocabile.
Nessuna sostanza illecita, dunque, ma un cocktail di cinque farmaci: antidepressivi, antiepilettici, antipsicotici e antinausea, tutti regolarmente prescritti nella terapia dell’argentino. A fornire dettagli è stata la patologa Silvana de Piero, una delle esperte coinvolte nelle analisi. “Nel fegato di Maradona abbiamo trovato segni compatibili con la cirrosi”, ha spiegato, aggiungendo che il corpo dell’ex calciatore mostrava anche evidenti tracce di insufficienza renale, cardiaca e polmonare. Un quadro clinico devastante, che dipinge un uomo già gravemente compromesso dalla malattia, ma che solleva interrogativi su come sia stato gestito negli ultimi mesi di vita.
La presenza di questi farmaci, se da un lato esclude l’abuso di sostanze, dall’altro apre il dibattito sulla loro somministrazione: erano adeguati? Sono stati monitorati correttamente? Il processo, che tiene l’Argentina e il mondo del calcio con il fiato sospeso, è nato dalla volontà di fare luce su eventuali responsabilità nella morte del Diez, avvenuta in una casa di Tigre, nella periferia di Buenos Aires, dove Maradona si stava riprendendo dopo un intervento chirurgico al cervello. Le accuse contro medici, infermieri e psicologi ruotano attorno a presunte negligenze e omissioni nella cura di un paziente tanto fragile quanto iconico.
La tesi dell’accusa è che lo staff non abbia fatto abbastanza per salvarlo, mentre la difesa sostiene che le condizioni di Maradona fossero ormai irreversibili. Le rivelazioni dell’autopsia rappresentano un punto di svolta. Smentiscono le narrazioni che per anni hanno dipinto la morte del campione come l’epilogo di una vita di eccessi, ma al tempo stesso accendono i riflettori su un altro aspetto: la gestione medica di un uomo che, nonostante la fama planetaria, sembrava abbandonato a un destino già scritto.
La cirrosi e le insufficienze d’organo raccontano di anni di stress fisico, ma il processo dovrà stabilire se si poteva fare di più per evitare la tragedia. Intanto, fuori dall’aula, i tifosi continuano a rendere omaggio al loro idolo. A Napoli, Buenos Aires e in ogni angolo del mondo dove Maradona ha lasciato il segno, il mito resiste. Ma la domanda resta: chi, se qualcuno, ha fallito con il Pibe de Oro? La risposta, forse, arriverà solo alla fine di questo lungo iter giudiziario.