Roma sostiene dunque che la condotta tenuta dalle autorità e dalla magistratura indiane viola i diritti italiani in modo duplice: in quanto esercizio di giurisdizione non applicabile e in quanto interferenza illegale nell’esercizio di giurisdizione da parte italiana. In particolare, il governo italiano sottolinea come Girone venga “a tutti gli effetti pratici trattato come un ostaggio e trattenuto in India nonostante la mancata presentazione di alcun capo d’accusa” da parte della magistratura indiana. Le richieste italiane sono dunque che Nuova Delhi rinunci a qualsiasi misura amministrativa o penale nei confronti dei due militari, e si astenga dall’esercitare ulteriormente qualsiasi forma di giurisdizione sulla vicenda, restituendo ai due fucilieri la libertà di movimento.
Il documento indiano da parte sua accusa l’Italia di avere fatto tutto quanto in suo potere per rallentare il procedimento giudiziario, e dunque di non potersi presentare allo steso tenmpo come vittima di tali ritardi; inoltre, ricorda come già due volte Roma abbia violato gli impegni assunti con Nuova Delhi, prima vietando ai marò presenti a bordo dell’Enrica Lexie di testimoniare in tribunale, e successivamente trattenendo in Italia i due militari – fatti ritornare per poter votare alle elezioni politiche del febbraio 2013 – nonostante la promessa del loro immediato ritorno, poi avvenuto nel marzo successivo. “Il tentativo italiano di presentarsi come vittime”, conclude la memoria indiana, “è totalmente infondato”: “Le vere vittime dell’incidente sono i due pescatori uccisi dai fucilieri di Marina italiani, non i militari che da parte loro hanno sì sopportato alcuni inconvenienti legati al loro status di accusati omicidio; inconvenienti tuttavia in linea con il loro status e non paragonabili alla sofferenza e alla perdita sofferte dalle vittime e dalle loro famiglie”.