Martina, segretario in assemblea. Ma Renzi punta a primarie Pd

Serracchiani e Richetti i nomi dei renziani in campo

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Segretario subito o al congresso? E’ solo una delle tante partite aperte all’interno del Pd, ma e’ quella che puo’ determinare la vittoria o la sconfitta delle squadre in campo anche negli altri match. Il segretario reggente Maurizio Martina tifa per la soluzione interna all’assemblea: un segretario nel pieno dei propri poteri eletto dal ‘parlamentino’ che si riunira’ il 21 aprile. “Al Pd non serve un passacarte o un capo solitario. Io credo che abbiamo bisogno di punti fermi e di ricostruzione. Penso che la scelta piu’ opportuna sia di scegliere un segretario in assemblea e di ripartire. Non possiamo permetterci divisioni. Io credo molto nella necessita’ che il partito democratico tutto insieme lavori per ricostruire il suo progetto”, dice Martina.

Per lui e l’ala che riunisce la minoranza e i ‘non renziani’ si tratterebbe di una polizza assicurativa anche sui prossimi passaggi parlamentari, a cominciare dalla fiducia al nuovo governo. Nella squadra del ‘segretario subito’, infatti, si collocano anche molti di coloro che auspicano un cambiamento di rotta rispetto alla linea dell’opposizione ad oltranza seguita dal partito fino a questo momento, anche se non tutti sono convinti che un segretario eletto dall’assemblea debba arrivare a scadenza naturale, cioe’ al 20121. Dario Franceschini e’ chiaro: non si puo’ rimanere a guardare passivamente, occorre che il Pd agisca.

Renzi, nuovo segretario dovrà essere eletto dal congresso

Il ministro della Cultura non chiede di andare al governo con i Cinque Stelle, ma di scongiurare l’ipotesi di un esecutivo che veda insieme Di Maio e Salvini. Una ipotesi che avvicinerebbe l’Italia all’Ungheria di Orban piu’ che alla Francia di Macron, spiega. Alla proposta di Franceschini, tuttavia, il fronte renziano ha opposto un muro di riserve. A cominciare da Graziano Delrio, capogruppo alla Camera considerato un moderato fra le truppe dell’ex presidente del Consiglio. Per Delrio l’offerta fatta pervenire da parte di Luigi Di Maio non e’ una iniziativa politica, ma “trasformistica” e, tra M5s e Pd, “la distanza e’ talmente profonda che non basta un appello alla buona volonta’”. Non una spaccatura, tiene a precisare Franceschini, ma l’inizio di quel confronto interno che per troppo tempo e’ mancato.

Eppure, stando a quanto si apprende e nonostante alcuni ripensamenti delle ultime ore, il fronte dei ‘dialoganti’ nel Pd intende andare avanti e provare a sciogliere le resistenze del resto del partito. Lo strumento da utilizzare e’ la ‘leva’ del voto anticipato, prospettiva avanzata da Andrea Orlando e che potrebbe convincere molti neo parlamentari a rivedere le proprie posizioni in merito alla linea da seguire. Un tentativo che passa, ancora una volta, per l’assemblea del 21. La soluzione renziana, viene spiegato da fonti parlamentari, prevede due strade: o Martina si fa rieleggere mettendo in chiaro che si tratta di un incarico ‘a tempo’, con scadenza in autunno; oppure si convoca direttamente il congresso, non si elegge il segretario in assemblea e Matteo Orfini, da presidente Pd, assume i poteri del reggente fino alle primarie e all’elezione del nuovo segretario.

Serracchiani e Richetti i nomi in campo

Una strategia che consentirebbe ai renziani di prendere il tempo necessario per individuare un candidato, che al momento manca. I nomi in campo sono quelli di Debora Serracchiani e Matteo Richetti, mentre Graziano Delrio ha fatto sapere di non essere disponibile. Nessuno nel Pd vuole andare alla conta, ma se le distanze sulla strategia da mettere in campo alle consultazioni e subito dopo non dovessero ridursi, il rischio e’ quello di restituire una immagine plastica della spaccatura interna in assemblea. E non e’ detto, fanno notare fonti della minoranza dem, che la maggioranza sia la stessa del congresso 2017. Basta pensare che nell’ultimo congresso la mozione con la quale ha vinto l’ex segretario aveva il doppio cognome, Renzi-Martina.

Ma oggi il segretario reggente ha posizioni diverse da quelle dell’ex premier e molti esponenti di governo hanno manifestato la ferma intenzione di non far mancare il loro apporto al Capo dello Stato nel caso al termine delle Consultazioni dovesse rendersi necessario un gesto di responsabilita’ da parte del Pd. Eventualita’ che oggi si allontana, visto quanto accaduto con la presidenza della Commissione Speciale della Camera, per la quale e’ stato indicato il deputato della Lega, Nicola Molteni, dopo la tanto attesa telefonata tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Un nuovo accordo, dopo quello per le presidenze delle Camere, che per i dem sancisce ancor di piu’ la concezione privatistica delle istituzioni da parte dei due alleati.[irp]