Mattarella frena corsa a urne, Renzi pronto a sfidare fronda Pd
GLI SCENARI Il presidente della Repubblica ha messo alcuni paletti per i quali non è da escludere un governo di scopo. Nel Pd contatti trasversali: “Si rischia resa conti” di Enzo Marino
di Enzo Marino
A questo punto il ‘dopo-Renzi’ non è più solo gossip di palazzo. La posizione fatta filtrare dal Quirinale sugli scenari in caso di vittoria del no al referendum fa capire che una nuova fase politica si è ormai aperta e, come ammette uno degli uomini vicini al premier, “la situazione è delicata e tutto può accadere”. Il punto è che Sergio Mattarella ha messo un paletto chiaro: se la riforma della Costituzione venisse bocciata dagli elettori si aprirebbe un problema sulla legge elettorale, perché i due rami del Parlamento verrebbero eletti con due sistemi profondamente diversi, antitetici, che potrebbero solo creare instabilità. E, proprio in merito al presidente della Repubblica, ieri Renzi è stato ricevuto al Quirinale per un colloquio in vista del vertice Nato che si terrà oggi e domani a Varsavia. Sul tavolo anche i futuri scenari politici?
Dunque, se Renzi decidesse di restare comunque in carica, bene, ma in caso contrario il problema di ritoccare la legge elettorale ci sarebbe comunque e, quindi, un governo di scopo non si potrebbe escludere. Scenario che contrasta con quella frase buttata lì da Renzi in direzione Pd: “C’è qualcuno che pensa sinceramente che nel caso in cui il referendum si concludesse con un no, dal presidente del Consiglio – aggiungerei anche il Parlamento, ma non mi riguarda – possa non esserci una presa d’atto? Se c’è qualcuno gli faccio i complimenti”. Il punto, spiega uno dei suoi fedelissimi, è che Renzi non ha comunque intenzione di lasciare la guida del partito e, anzi, vuole essere comunque lui a dare le carte, anche nel dopo-referendum. E, per il momento, Renzi continua a non pronunciarsi sull’Italicum, facendo capire che preferisce tenerlo così com’è, ma lasciando aperta la possibilità di rimetterci mano.
Tutto ruota, alla fine, intorno al Pd, anche se le mosse dei centristi di Area popolare potrebbero accelerare la crisi. Nelle ultime ore c’è più ottimismo su questo punto, da Angelino Alfano sarebbero arrivate assicurazioni sul voto della prossima settimana in Senato sul decreto enti locali, quando servirà la maggioranza assoluta di 161 senatori, ma un pezzo di Pd, a cominciare da Dario Franceschini e Gianni Cuperlo, guarda proprio ai centristi per provare a convincere Renzi a cedere sulla riforma elettorale. “Tornare al premio di coalizione permetterebbe di dialogare con Ap, con la minoranza Pd e con la stessa Fi”, ripetono dalle parti di Franceschini. Con un avvertimento: “Renzi sbaglia se pensa di poter trascinare il Pd sulla linea ‘dopo di me il diluvio’. Se lui perde il referendum, e si dimette, ci vogliono 10 minuti a fare un altro governo e a trovare un accordo per una riforma dell’Italicum”. Parere condiviso anche da un altro parlamentare della maggioranza Pd, critico con le ultime mosse di Renzi: “I renziani in Parlamento erano 30-40 all’inizio della legislatura. Poi sono aumentati a dismisura, ma un minuto dopo le sue dimissioni da premier tornerebbero ad essere 30-40. Forse anche qualcuno in meno”. Per i fedelissimi del premier le cose non stanno così: “Matteo resterebbe segretario e sarebbe lui a decidere cosa fare.
La direzione e l’assemblea le controlla lui e voglio vedere i gruppi parlamentari che si mettono contro la linea del Pd. Che fanno Bersani, Franceschini e Cuperlo: rompono col Pd e fanno un governo di inciuco con Berlusconi mentre noi e M5s spariamo contro? E anche se Renzi desse l’ok a un governo di scopo, dopo un mese si farebbe il congresso e lui vincerebbe di nuovo. E appena fatta la riforma, ammesso che si riesca a farla, si tornerebbe a votare…”. Un modo per dire che sarebbe comunque il premier a dettare le condizioni e a fare le liste elettorali. Una minaccia che su twitter Fabrizio Rondolino, editorialista sull’Unità, espone così: “I dirigenti del Pd che votano No al referendum e intendono ricandidarsi alle elezioni possono gentilmente rivolgersi a Brunetta o Di Maio”. Frase assai poco apprezzata da Pier Luigi Bersani che con i suoi avrebbe commentato: “Io voto sì, ma se la linea è quella che dice Rondolino voto no. Preferisco stare al freddo in Siberia che al caldo con certa gente”. Bersani ha poi ricordato ai suoi che i parlamentari lui li scelse con le primarie. zione e con le varie correnti ormai tutte in movimento: “Si rischia una resa dei conti”, dice un ex Ds che finora era con Renzi. “Cuperlo e Franceschini si parlano, si ragiona di andare oltre gli attuali steccati”. Renzi, finora, non ha concesso nulla, alimentando i malumori e le tentazioni di molti di voltare pagina. Ma, assicurano i suoi, “Matteo certo non si farà da parte”.