Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato oggi il decreto di revoca dell’incarico al sottosegretario leghista alle Infrastrutture e Trasporti, Armando Siri, proposto dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Un atto formale, che evidentemente non interviene nelle dinamiche che stanno attraversando la maggioranza (e il governo) M5S-Lega e delle quali il Colle non deve e non se ne può occupare, ma che lascia intendere – attraverso il rinvio del decreto assunto dal premier Conte al termine del Consiglio dei ministri di mercoledì scorso – quanto l’esecutivo sia sotto la sua osservazione.
I contenuti del decreto originario sono stati contestati, dopo il varo in Consiglio dei Ministri, dagli uffici del Colle perché di fatto, attraverso la firma richiesta a Mattarella per la revoca di Siri, veniva chiesta al Colle una certificazione (e condivisione nei fatti) dei motivi che avevano portato alla revoca del sottosegretario. Ma Mattarella non ha voluto firmare il primo decreto uscito dal Cdm, ritenendo che così avallasse una posizione politica assunta dall’esecutivo. Un ritardo di 48 ore nella firma del decreto che lascia intendere come il presidente della Repubblica sia attento certo a quanto il Paese ha indicato il 4 marzo 2018, ma anche come non possa venir meno al suo ruolo di garante di tutti gli italiani, e non solo di una parte di essi, ancorché vincitori di elezioni. Il capo dello Stato, come sempre fatto dall’inizio del suo mandato (quando si dichiarò “arbitro” della partita politica italiana), osserva e segue le vicende politiche e della maggioranza che sostiene l’attuale esecutivo. Essendo consapevole – lo ha ribadito più volte – che la politica italiana debba fare il suo corso. Il Colle non vuole certo mettere in discussione quanto espresso dagli italiani alle ultime elezioni. È chiaro però, senza ombra di dubbio, che Mattarella stia osservando l’azione della maggioranza.
Il presidente della Repubblica ha sempre lasciato intendere che la politica italiana debba fare il suo corso, non è il suo ruolo intervenire nelle scelte di questo (o altri che fossero) governo e dei percorsi parlamentari che la maggoranza giallo-verde sostiene. Certo, non si è potuto tirare indietro dal firmare provvedimenti ma, laddove lo abbia ritenuto necessario, non ha fatto mancare le sue “osservazioni” e avvertimenti costituzionali, per esempio, a due leggi volute con forza dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega: l’istituzione della commissione d’inchiesta sulla banche e la legittima difesa. Certo, il decreto di revoca del sottosegretario Siri (ancorché scritto inizialmente in maniera impropria) non rappresenta un passaggio costituzionale critico ma lascia intendere, ancora una volta, come Mattarella sia vigile e osservi l’azione portata avanti dall’esecutivo con grande attenzione. Come a dire che il governo (questo come altri) non può pensare di portare a casa provvedimenti contrari al buon senso e alle regole costituzionali.