Mattarella ricorda D’Antona, unità intorno a valori convivenza
Suo insegnamento utile oggi per evitare fratture sociali
“La memoria non può attenuare il dolore, ma trasmette un richiamo all`unità intorno ai valori più importanti della convivenza. Anche grazie a questa unità e ai principi democratici il nostro popolo è stato capace di sconfiggere il terrorismo e l`eversione”. Lo afferma il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione dell’anniversario dell’attentato che uccise Massimo D’Antona.
“Massimo D`Antona era studioso di diritto del lavoro, un riformatore, un uomo del dialogo, consapevole della necessità di comporre i diversi interessi in campo e favorire così la crescita economica e civile, preservando la coesione della società – ricorda il Capo dello Stato -. I brigatisti lo scelsero come bersaglio della loro delirante strategia omicida proprio perché questo impegno di tessitura tra le Istituzioni e le formazioni sociali è quanto mai prezioso per irrobustire il tessuto della democrazia. Nella ricorrenza del vile agguato desidero unirmi nel ricordo alla moglie Olga, ai familiari, a quanti con Massimo D`Antona hanno condiviso ricerca, passione, lavoro. Ai suoi studenti e a tutti noi ha lasciato insegnamenti che è bene rammentare nell`affrontare le grandi trasformazioni del nostro tempo per evitare fratture sociali, in conformità alla nostra Costituzione”.
Erano da poco passate le 8:00 di mattina, del 20 maggio 1999 quando il professor Massimo D’Antona, consulente del Ministero del Lavoro, si apprestava a uscire dalla sua abitazione di via Salaria, angolo via Po, a Roma, per recarsi al lavoro nel suo studio situato a poca distanza dal suo appartamento. Superato l’incrocio con via Adda, in corrispondenza di un cartellone pubblicitario che lo nasconde dalla vista dalla strada, intorno alle ore 8:13, il professore viene bloccato dal commando di brigatisti formato da Mario Galesi e Nadia Desdemona Lioce che sono già dalle 5:30 nascosti all’interno del furgone parcheggiato al lato della strada.
Per loro l’azione è già cominciata quattro giorni prima, con l’operazione di parcheggio dei mezzi: due furgoni Nissan in sosta in via Salaria, due scooter per la fuga della squadra operativa e le biciclette per le staffette. I due, nel mezzo, controllano la strada attraverso un piccolo foro ricavato attraverso la vernice bianca che oscura i vetri. Baffi finti, un contenitore per le urine e le borse con all’interno le armi. Ma non sono soli. Altri tre elementi del gruppo operativo (le cosiddette staffette) hanno già raggiunto la loro posizione prevista e sono tutti equipaggiati con finti telefonini, ricetrasmittenti, cerotti sulle dita per non lasciare impronte, cappellini con visiera e occhiali da vista.
Nel mentre il professor D’Antona si è già avviato lungo il marciapiede che costeggia Villa Albani e ha già quasi percorso gran parte degli ultimi centotrenta passi che lo separano dall’ultimo istante della sua vita. Un testimone oculare del delitto, durante il dibattimento, ricostruisce così quella manciata di secondi: “Ero sullo stesso marciapiede su cui camminava D’Antona. Ho visto un uomo e una donna che stavano aspettando qualcuno e poi parlavano con questa persona. Io ho proseguito. Ho superato via Adda ma, dopo qualche metro, ho sentito dei colpi sordi. Mi sono girato a guardare e ho visto una “pistola lunga” e poi l’uomo che continuava a sparare mentre l’altro uomo era già a terra”.
Secondo la deposizione processuale della pentita Cinzia Banelli, l’uomo che continuava a sparare era Mario Galesi che, armato di una pistola semiautomatica calibro 9×19 senza silenziatore, faceva fuoco su D’Antona, svuotando tutti i 9 colpi del caricatore e infliggendogli il colpo di grazia al cuore. Conclusa l’azione i due si allontanano dal luogo del delitto: l’uomo verso via Basento dove sale in sella a un motorino “50”, mentre la donna cammina ancora lungo via Salaria, incrociando un secondo testimone oculare che la descrive con: “i capelli corti e lisci, castano scuri, attaccati al volto e pettinati con la riga in mezzo, occhi grandi, piuttosto scuri e faccia grassottella”. I soccorsi che arrivano poco dopo sul posto trasportano D’Antona al Policlinico Umberto I dove, alle 9:30, il medico ne dichiara la morte. (con contributo wikipedia)