Mentre i Ventisette riuniti a Bruxelles faticano a trovare un accordo su come formulare una richiesta di “pausa umanitaria” per i bombardamenti su Gaza e il Consiglio di Sicurezza dell’Onu rimane prigioniero dei veti incrociati, Hamas vola a Mosca e definisce “apprezzabile” la posizione del Cremlino (che ora aspetta anche Abu Mazen) sul conflitto. Il premier spagnolo uscente e presidente di turno dell’Unione Europea, Pedro Sanchez, ha proposto la celebrazione entro sei mesi di una conferenza internazionale di pace che riconosca la soluzione a due Stati in linea con le risoluzioni dell’Onu e metta fine al conflitto israelo-palestinese.
“È il momento di mettere nel mirino una soluzione politica di un conflitto che ristagna ormai da molti anni senza una chiara soluzione”, che dia “un orizzonte di futuro” alla popolazione palestinese e “sicurezza” a Israele, ha spiegato Sanchez prima dell’inizio dei lavori del Consiglio Europeo in corso a Bruxelles. Sanchez, che ha riconosciuto come “resti molto lavoro da fare” per tradurre la proposta in realtà, ha inoltre deplorato che la bozza di conclusioni finali del vertice “non contenga in quanto tale” la richiesta di una pausa umanitaria nei bombardamenti su Gaza. Gli ha fatto eco l’Altovrappresentante per la politica estera Josep Borrell: “Discuteremo della pausa umanitaria per far entrare in Gaza l’aiuto umanitario e di rilanciare il processo politico, perseguendo una soluzione che possa evitare altre esplosioni di violenza e l’attuazione della soluzione dei due Stati”. Borrell ha anche ribadito il pieno sostegno “al lavoro del Segretario generale Guterres e del personale dell’Onu a favore della pace e dell’assistenza umanitaria in Medio Oriente e in tutto il mondo”.
Sul fronte diplomatico una delegazione di Hamas è volata a Mosca dove ha incontrato il vice ministro Bogdanov, affermando di avere “altamente apprezzato la posizione di Putin e gli sforzi della diplomazia russa”; la dichiarazione di Hamas rileva inoltre che il movimento ha riaffermato il suo “diritto” a resistere all'”occupazione” di Israele con tutti i mezzi disponibili. Il Cremlino attende ora la visita del presidente dell’Anp Abu Mazen, la cui data tuttavia non è ancora stata fissata. Al centro di tutte le trattative, oltre all’assistenza umanitaria per la popolazione civile della Striscia, vi è la questione degli ostaggi: fonti iraniane hanno fatto sapere che quelle non militari potrebbero essere oggetto di uno scambio di prigionieri; il portavoce dell’ala militare di Hamas, Abu Obeida, ha però fatto sapere che una cinquantina di ostaggi israeliani sarebbero rimasti uccisi nei bombardamenti sulla Striscia.
Israele da parte sua ribadisce di essere pronto all’operazione terrestre, dopo i raid di ieri, sottolineando come si tratterà solo della “prima fase”, come ha spiegato l’ex capo di stato maggiore e membro del governo di unità, il leader centrista Benny Gantz. “La battaglia contro il terrorismo di Gaza continuerà in profondità nel territorio della Striscia, ovunque e in qualunque momento lo richieda la sicurezza dei cittadini. Le operazioni terrestri saranno solo la prima fase di un lungo processo che comprenderà aspetti difensivi, diplomatici e sociali per la cui applicazione saranon necessari degli anni”, ha concluso Gantz.