In primo piano ci sarà l’Ucraina. E non potrebbe essere altrimenti visto che è stata proprio la necessità di aumentare la “capacità di contribuire alla nostra sicurezza democratica condivisa” e dare una risposta alla “barbara” aggressione russa, ad aver dato la spinta decisiva per convocare la riunione. Domani a Reykjavik si incontreranno i 46 capi di Stato e di governo che aderiscono al Consiglio d’Europa, di cui non fa più parte proprio Mosca: già il 25 febbraio, poche ore dopo l’invasione dell’Ucraina, il comitato dei ministri del Consiglio ha deciso la sospensione della Russia mentre l’espulsione vera e propria è avvenuta il 16 marzo.
Si tratta del quarto vertice della storia di questa organizzazione, che pure esiste dal 1949. L’ultimo summit di questo livello si è tenuto nel 2005, ben 18 anni fa a Varsavia, peraltro esattamente negli stessi giorni: 16 e 17 maggio. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è attesa – insieme agli altri leader – a partire dalle 17, all`Harpa, la sala concerti e centro congressi che ospiterà il vertice. Ci arriverà con il biglietto da visita di un sostegno all’Ucraina e della collocazione atlantista che sin dall’inizio è stato uno dei capisaldi della politica estera del suo governo, nonostante gli atteggiamenti ambigui dei suoi alleati, in primis della Lega e di Matteo Salvini. Un sostegno che è stato rinsaldato durante la recente visita del presidente Zelensky a Roma durante il tour europeo che lo ha portato anche a Berlino, Parigi e Regno Unito.
Momento centrale del vertice sarà la sessione inaugurale che, spiegano fonti italiane, “rappresenta l’occasione per ribadire l’unità intorno ai valori democratici”. Alla cerimonia di apertura interverrà proprio il presidente dell’Ucraina, seguiranno poi i discorsi del presidente francese, Emmanuel Macron, del Cancelliere tedesco, Olaf Scholz, della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e del primo ministro britannico, Rishi Sunak. Subito dopo si terranno cinque tavole rotonde che si svolgeranno in contemporanea: la premier parteciperà e interverrà a quella dedicata al `Contrasto alle sfide derivanti dai nuovi diritti umani emergenti`. In serata dovrebbe ripartire alla volta del Giappone per partecipare al G7.
Ma vista la platea dei partecipanti, il vertice sarà occasione anche per incontri bilaterali. Uno tra tutti, quello con il presidente francese Emmanuel Macron che, come confermato anche dall’Eliseo, si dovrebbe tenere nel corso di questa settimana, già a Reykjavik o più probabilmente a margine del vertice dei 7 Grandi ad Hiroshima del prossimo fine settimana. Una opportunità forse di disgelo dopo l’ennesimo scontro tra i due Paesi sul tema dei migranti, alimentato dalle recenti dichiarazioni prima del ministro dell’Interno di Parigi Gerald Darmanin e poi di Stephane Sejournè, capo di Renaissance, il partito di Macron. Accuse di “disumanità” nel gestire la questione che Giorgia Meloni ha bollato come attacchi strumentali fatti a “uso interno”.
Ma è sul fronte del sostegno all’Ucraina che il vertice porterà a casa il suo risultato più significativo. Durante la due giorni, come confermato nella dichiarazione congiunta al termine dell’incontro tra Meloni e Zelensky, ci sarà l’annuncio dell’istituzione di un’Registro dei danni` causati dall’aggressione russa in Ucraina. L’accordo – sottolineano fonti italiane – è uno “strumento di cooperazione intergovernativa, aperto anche a Stati terzi”, tanto che ci si attende, tra le altre, anche l’adesione di Stati Uniti e Giappone. Il registro – si rimarca – è un “primo passo verso la creazione di un meccanismo di internazionale di compensazione economica dei danni subiti dall’Ucraina che consentirà di chiamare la Russia a rispondere delle sue responsabilità e una prova concreta di assistenza a Kiev”.
Ma ci sono altri due punti che sono stati esplicitati recentemente dalla segretaria generale dell’organizzazione, Marija Pejcinovic Buric. Uno è “il sostegno dell’Ufficio del Procuratore generale nelle indagini sui crimini di guerra e su gravi violazioni dei diritti umani”, l’altro “il sostegno a sforzi internazionali per istituire un Tribunale speciale sul reato di aggressione”. “Il Consiglio d’Europa – ha spiegato – si mobilita e continuerà a mobilitarsi per riconoscere le responsabilità della Russia per i reati e le azioni illegali che ha commesso. Operando insieme, garantiremo che venga fatta giustizia”. Ma a 18 anni dall’ultimo vertice dei capi di Stato e di governo, il summit di Reykjavik sarà occasione per il Consiglio d’Europa di ripensare sé stesso e di proiettare il suo ruolo nel futuro. Negli anni ha spesso scontato la confusione dei non addetti ai lavori con il Consiglio europeo. D’altra parte, il dibattito sul rapporto tra l’organizzazione e le istituzioni di Bruxelles non è nuovo.
Già nella riunione di Varsavia, infatti, Jean Claude Junker, all’epoca primo ministro del Lussemburgo, spiegava che “le rivalità tra il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea non hanno ragione di esistere, quando si tratta di istanze fondamentali” e anzi “le due organizzazioni sono “di grande complementarità”. Nel frattempo, però, all’elenco se n’è aggiunta un’altra, che peraltro conta più o meno sull’adesione degli stessi Stati, ossia la Comunità politica europea, nata nel 2022 su proposta di Macron: per il 1° giugno è in programma un vertice e Chisinau, in Moldova. Non a caso, dunque, tra i propositi del vertice di Reykjavik c’è quello di “riorientare la sua missione alla luce delle nuove minacce ai diritti umani, la promozione della democrazia e la tutela dello stato di diritto”.Al termine del vertice verrà adottata una dichiarazione politica, dunque l’Islanda cederà la presidenza del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa alla Lettonia. askanews