Politica

Meloni alla volata finale, alleati ed Europa le “spine” di Giorgia

E’ vero, i sondaggi fino a quando si sono potuti diffondere sono stati unanimi: domani sera , 25 settembre 2022, Fratelli d’Italia sarà il primo partito del Paese. Eppure, non è soltanto scaramanzia o prudenza a spiegare perché nel quartier generale di via della Scrofa nessuno voglia cantare vittoria anzitempo. E questo nonostante i numeri dicano che per Giorgia Meloni si tratta di una partita win-win: alle elezioni Politiche del 2018 il suo partito aveva appena il 4,3%, alle Europee il 6,4% mentre ora può aspirare a percentuali che vanno dal 25 fino a sfiorare il 30%. Insomma, può certificare l’impresa di aver praticamente quintuplicato i consensi in meno di cinque anni.

La sfida della leader sovranista è anche quella di battere tre record in un colpo solo: la prima volta di un partito di destra come più votato d’Italia, la prima volta che in cima al podio c’è una leader donna e, chissà, anche la prima premier della storia del Paese. Il fatto, però, è che a questo punto non conta soltanto vincere ma anche il come. Anche perché Giorgia Meloni potrebbe arrivare a palazzo Chigi con due diversi fronti da gestire: da una parte gli alleati – in Italia e fuori – e dall’altra il rapporto con l’Europa e la necessità di sfidare quella diffidenza di vari contesti internazionali che negli ultimi giorni hanno fatto sentire la loro voce: dal segretario della Spd tedesca fino agli articoli di Guardian e Financial Time. E’ anche per questo che nelle ultime ore è cresciuto l’allarme per quella rimonta del M5s al Sud che sembra essere ai danni proprio del centrodestra e in particolare di Fratelli d’Italia che, peraltro, è tra i partiti che si sono schierati apertamente contro il reddito di cittadinanza. Ed è proprio questo a spiegare la campagna elettorale a ‘due velocità’ di Meloni: nella prima parte impegnata a offrire un volto rassicurante dentro e fuori dall’Italia, nella seconda decisamente più all’attacco.

E’ una questione di tenuta complessiva: una sostanziale pareggio al Senato significherebbe difficile governabilità, probabile ricatto di pochi. Ma è anche un tema di equilibrio rispetto al resto della coalizione: Giorgia Meloni ha bisogno di ottenere una vittoria schiacciante anche per contenere Silvio Berlusconi e, soprattutto, Matteo Salvini. La campagna elettorale, al di là del comizio di chiusura con tutti i leader sul palco, è stata giocata ognuno per contro proprio. Non soltanto per la inevitabile corsa alla primazia della coalizione, ma anche perchè su molti punti le ricette divergono. La domanda più frequente tra i parlamentari è: quanto può durare un governo di centrodestra? Il timore è in particolare che ci siano fughe in avanti del leader leghista, soprattutto se all’interno del Carroccio dovesse cominciare un processo alla sua gestione.

Una questione che si lega a doppio filo con i problemi sul fronte internazionale. Sulla guerra in Ucraina sin da subito Meloni ha schierato Fratelli d’Italia con Kiev e contro la Russia, mentre Berlusconi, ma ancora di più Matteo Salvini, hanno scelto una linea più ambigua. Cosa che a quanto pare non è né sfuggita, né piaciuta Oltreoceano. Tuttavia è in Europa che una vittoria della leader di Fdi viene vista con maggiore preoccupazione, nonostante sia a capo di uno dei partiti rappresentati al Parlamento di Strasburgo, quello dei Conservatori e riformisti. La recente decisione di schierarsi a favore di Victor Orban ha offuscato quel tentativo di mostrare il lato più moderato, alimentato anche da una serie di interviste in lingua a emittenti estere. Anche nei comizi i toni sono saliti, fino a dichiarare che con il centrodestra al governo per l’Europa “la pacchia era finita”. Insomma, la vittoria sarà pure dietro l’angolo ma la vera sfida per Giorgia Meloni sarà gestirla. askanews

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