Cercare “alleati” per sostenere in Europa le priorità dell’Italia a partire dalla questione dei migranti. E’ questo l’obiettivo della presidente del Consiglio Giorgia Meloni che domani arriva a Malta per il summit Med9 che riunisce i Paesi Ue dell’area del Mediterraneo: oltre all’Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro, Malta, Slovenia e Croazia. Saranno presenti anche la presidente della Commissione Ue Ursula von del Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Ottobre è un mese rilevante sui tavoli europei: prima al Consiglio informale di Granada del 6 ottobre e poi a quello formale in programma a Bruxelles, il 26 e 27, saranno sul tavolo dossier ‘caldi’ come, appunto, la questione dei migranti e la nuova governance europea. Temi su cui, tra i Paesi membri, ci sono distanze che il precoce avvio della campagna elettorale in vista del voto di giugno non contribuisce a ridurre.
Sui migranti Meloni si gioca una partita fondamentale sul fronte interno, dove le ormai quotidiane critiche della Lega hanno fatto suonare l’allarme e infastidito non poco Palazzo Chigi. La soluzione al problema, però, è la convinzione della premier, non può che arrivare da un’intesa a livello comunitario. Per questo dopo le tensioni con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e dopo aver – almeno per il momento – ‘ricucito’ con Emmanuel Macron (con cui parlerà di nuovo domani) a Malta cercherà di trovare l’appoggio di altri leader. A loro la premier si è già rivolta in una lettera, inviata martedì sera, in cui – secondo quanto si apprende – sollecita a “lavorare” per “accelerare” la strategia multidimensionale” europea: da un lato occorre “combattere” i “traffici di esseri umani” e dall’altro trovare “soluzioni strutturali”. Il ‘modello’ per la presidente del Consiglio è quello dell’accordo con la Tunisia che però sta segnando il passo, con lentezze e resistenze alla sua attuazione. Per superarle, Meloni a Malta potrebbe chiedere anche un “sostegno” formale da inserire nella dichiarazione finale.
Per il resto, si parlerà naturalmente del supporto all’Ucraina ma anche e soprattutto degli aspetti economici. Sul tavolo c’è la revisione a medio termine del quadro finanziario pluriennale (che peraltro ai punti 4 e 6 vede i fondi per la dimensione interna ed esterna delle migrazioni) ma soprattutto il dibattito sulla competitività europea, con la risposta all’Ira americano, e sulla governance. Anche su questi due punti Meloni cerca di trovare affinità con i Paesi mediterranei per opporsi con efficacia all’impostazione dei Paesi del nord. La posizione italiana, sul nuovo Patto di stabilità e crescita – viene ricordato – resta quella di “puntare alla crescita in un quadro di finanza sostenibile”, quindi “invertendo il paradigma: crescita prima di stabilità”.
Una posizione consolidata da tempo ma particolarmente interessata in un momento in cui a Bruxelles viene chiesta “comprensione” (parole del ministro Giancarlo Giorgetti) per lo sforamento del tetto del 3% con il ricorso nel 2024 a nuovo debito per 14 miliardi. Altro tema sul tavolo, l’allargamento a est. Entro dicembre la Commissione presenterà il suo report annuale e a dicembre il Consiglio si dovrà pronunciare sull’apertura o meno dei negoziati con Ucraina, Moldavia e Georgia. In Ue, sottolineano fonti diplomatiche, c’è ormai la consapevolezza che l’allargamento offre un vantaggio geopolitico ed economico come strumento per rafforzare l’autonomia strategica, ma occorre attrezzarsi per evitare ritardi e difficoltà. Per Roma c’è un generale favore al processo, anche se la priorità è l’apertura ai Paesi dei Balcani occidentali, come del resto confermato ieri dalla stessa Meloni al collega albanese Edi Rama.