Meloni fa l’identikit del futuro governo, messaggio agli alleati: i tecnici servono
No a posti da ministro per risolvere beghe. “I ritardi del Pnrr sono evidenti”. Voci di incontro tra la premier in pectore e Panetta
Nessun nome, perché la riservatezza è d’oro e i presenti troppi. Più che altro, un identikit. Giorgia Meloni riunisce l’esecutivo nazionale di Fratelli d’Italia e spiega come sarà, o come non dovrà essere, il governo su cui si dice “pronta a mettere la faccia”. Non si parla esplicitamente della richiesta di Matteo Salvini, via consiglio federale, di tornare a sedere sulla poltrona di ministro dell’Interno, che lei non intende assolutamente assecondare. Anzi, i dirigenti che entrano o escono a via della Scrofa – da Lollobrigida a Rampelli, da Gemmato a Ciriani – ripetono come un mantra che non c’è alcun “veto” su nessuno ma solo un ragionamento sulle “competenze”, insomma sulla necessità di avere le persone giuste al posto giusto. E in questo senso, comunque, la nota con cui il leader del Carroccio si dice pronto a un generico incarico viene letta come una positiva apertura ad altri ruoli.
Eppure, nell’intervento con cui Meloni chiede al suo partito di darle “piena fiducia e pieno mandato”, un paio di frecciatine agli alleati, e alle loro richieste, c’è. Punto primo: il governo “non sarà composto per risolvere beghe interne di partito o proponendo qualsiasi nome o per rendite di posizione”. Punto secondo: “Si parte dalla competenza e se quella migliore dovesse essere trovata al di fuori degli eletti, a partire da Fdi, questo non sarà certo un limite”. Insomma, la premier in pectore respinge la richiesta, avanzata sia da Salvini che da Berlusconi, di limitare il numero dei tecnici perché, spiega, la loro presenza non renderà l’esecutivo meno politico. “Intendiamo mettere in piedi il Consiglio dei ministri più autorevole e di alto profilo possibile”, è il messaggio. Sarà quello, in fondo, il primo biglietto da visita con cui si presenterà a cospetto dei consessi internazionali e non vuole false partenze.
D’altra parte, uno dei punti irrinunciabili per la leader di Fratelli d’Italia è avere una figura di assoluto prestigio e affidabilità al ministero dell’Economia. Secondo una indiscrezione riportata da Bloomberg la scelta numero uno, ossia Fabio Panetta, avrebbe declinato l’offerta. Tuttavia nel pomeriggio di ieri, che Meloni non ha trascorso nei suoi uffici della Camera come ha invece sempre fatto nei giorni precedenti, si è anche diffusa la voce di un incontro proprio con il componente del board della Bce. Voci che però vengono smentite da Fdi. I nomi in alternativa sono sempre quelli di Siniscalco o Scannapieco.
Di certo, per la prima volta dalla sera della vittoria elettorale, la premier in pectore marca una distanza netta rispetto al governo Draghi, sia nei toni che nel merito. “Ereditiamo una situazione difficile: i ritardi del Pnrr – afferma – sono evidenti e difficili da recuperare e siamo consapevoli che sarà una mancanza che non dipende da noi ma che a noi verrà attribuita anche da chi l’ha determinata”. Un po’ accusa, un po’ mani avanti. E quella che arriva dall’attuale presidente del Consiglio sembra proprio una replica a distanza. “Non ci sono ritardi nell’attuazione del Pnrr: se ce ne fossero, la Commissione non verserebbe i soldi”, dice Draghi.