Giorgia Meloni ha definito il risultato elettorale – quasi 2,5 milioni di preferenze e Fdi che sfiora il 29% – una “benzina” da usare per i prossimi mesi. Un carburante con cui far girare il motore, nelle prossime settimane, soprattutto sui tavoli internazionali, G7 e trattativa per le istituzioni europee in primo luogo. Oggi la premier si è presa un giorno libero: saltato quindi il Consiglio dei ministri, presieduto dal vice Antonio Tajani, è arrivata in anticipo a Borgo Egnazia, il resort pugliese che da giovedì a sabato ospiterà il vertice dei sette grandi. Un modo per ‘staccare’ (al netto di qualche intervista radio-tv), controllare di persona i preparativi e studiare i dossier che saranno sul tavolo.
Un nodo da sciogliere è quello dell’uso degli extraprofitti russi per finanziare la guerra e la ricostruzione in Ucraina. Joe Biden vuole il via libera, gli europei – Germania in testa – frenano per timore di ripercussioni economiche. Oltre che di Ucraina, si parlerà naturalmente di Medio Oriente (con i leader a sostegno della proposta di accordo Usa) e della situazione nell’Infopacifico, con un focus particolare sui rapporti con la Cina. Due temi a cui Meloni tiene particolarmente sono quello dell’Intelligenza artificiale, con l’intervento di papa Francesco, e quello relativo al Mediterraneo e al rapporto con l’Africa, con la questione connessa delle migrazioni. A questo proposito, la presidente del Consiglio intenderà valorizzare il Piano Mattei e la necessità di un “nuovo approccio” con il continente.
Sabato pomeriggio, subito dopo la conferenza stampa finale, Meloni volerà in Svizzera, per partecipare alla Conferenza di pace sull’Ucraina. Sull’agenda, però, una data segnata in rosso è quella di lunedì 17 quando i capi di Stato e di governo del Consiglio europeo si incontreranno a cena a Bruxelles per iniziare a discutere dei “top jobs”, ovvero le posizioni di vertice delle istituzioni comunitarie. Si tratterà di una prima ‘ricognizione’ che però getterà le basi per la ricerca di un’intesa. Nonostante l’avanzata delle destre, il risultato uscito dalle urne sembra indicare come unica strada percorribile una nuova maggioranza Ursula, con un Ppe rafforzato, i socialisti e i liberali, che hanno avuto un prevedibile arretramento. In questo quadro Meloni, presidente dei conservatori di Ecr, come si porrà? Lei ha sempre ribadito, nella campagna elettorale, il suo “mai con i socialisti” e la volontà di puntare a una coalizione di governo di centrodestra. I numeri, però, per un assetto del genere non ci sono.
E allora il suo ‘veto’ al Pse, incrociato a quello speculare dei socialisti (ma anche di parte del Ppe) nei suoi confronti, la porrà di fatto all’opposizione. Vanno però distinti due piani: uno è quello del governo, con l’Italia che farà partire la nuova Commissione, l’altro è quello politico. Dunque Meloni premier non potrà negare il via libera italiano all’esecutivo europeo, ma Meloni leader di Fdi potrà schierare il suo partito all’opposizione nell’Europarlamento. Sicuramente però l’affermazione personale e del suo governo, il “più forte d’Europa” come ha detto, potrebbe garantirle un buon potere nel negoziato per “monetizzare” e ottenere un Commissario di peso, ma anche per incidere sui programmi europei. Questo sfruttando anche il buon rapporto personale con Ursula von der Leyen – che oggi appare meno debole rispetto alle settimane precedenti il voto ma che comunque è alla ricerca di appoggi – e le difficoltà in patria di Emmanuel Macron e di Olaf Scholz.
Certo è che la questione non si risolverà in una sera e potrebbe essere decisivo il successivo Consiglio europeo fissato alla fine del mese. “E’ evidente – ha sottolineato Meloni oggi in un’intervista a Vespa – che un governo forte e solido rafforza l’Italia in tutte le sedi internazionali. Per la guida della Commissione Ue il candidato verrà indicato dal Consiglio europeo. L’indicazione spetta al partito che ha avuto più voti, quindi il Ppe, quando sarà formalizzata la valuteremo perché nel negoziato ci sono diverse questioni che riguardano tutti i ruoli apicali, le deleghe dei commissari, quindi anche del commissario italiano, e io decido e scelgo con l’unico metro dell’interesse nazionale. Sicuramente l’Italia sarà protagonista e non spettatrice”.
A livello internazionale sono fitti gli impegni delle prossime settimane: il vertice Nato a Washington dal 9 all’11 luglio, la Comunità politica europea vicino a Oxford il 18, forse il viaggio in Cina alla fine di luglio, senza escludere qualche altra tappa, magari in Africa. Tutti appuntamenti in cui mostrare la solidità del governo italiano di fronte ai partner e ai mercati e anche mettere nel serbatoio altra “benzina”, di cui ci sarà bisogno al momento di mettere mano ai conti e alla manovra economica. A questo proposito le finanze sono scarse, ma comunque l’intenzione di Meloni – secondo quanto sottolineano fonti di governo – è di dare un ‘segnale’ agli elettori per dimostrare che la loro fiducia è ben riposta. A Giancarlo Giorgetti il compito di trovare le risorse.