Politica

Meloni promette riforma presidenziale e giustizia. “Mi fido alleati”

Promesse per il futuro (molte), un resoconto di questi mesi che, a sentirla, sono stati all’insegna della fiducia e della “visione comune” con gli alleati. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, affronta la sua prima conferenza stampa di fine anno e già nella breve introduzione spiega di considerarla più un appuntamento di “inizio mandato” che l’occasione per un bilancio. Per quello c’è ancora tempo anche se, ammette, le elezioni Regionali di febbraio nel Lazio e in Lombardia saranno “ovviamente” anche un primo test sul suo esecutivo. Quasi tre ore per rispondere a 43 domande – praticamente una “telethon”, per dirla con le sue parole – che servono anche a placare le polemiche con i giornalisti sulle poche occasioni di confronto avute finora. Quando la premier si presenta nell’auletta dei gruppi della Camera, il Senato ha da poco dato l’ok definitivo alla prima manovra del suo governo. Un via libera, sottolinea, arrivato “un giorno prima del previsto”, grazie anche al “clima positivo” all’interno della maggioranza e ad alleati, dice, di cui si fida.

La scelta è quella di non prestare il fianco a nessuna polemica interna, fare finta che non ci siano state tensioni sullo scudo per i reati fiscali, né per i distinguo sul decreto rave-Covid, o sulle nuove norme su Ong e migranti varate proprio ieri dal Consiglio dei ministri. E pazienza anche per la compressione dei tempi parlamentari lamentati dall’opposizione, ritenta sarai più fortunato: “Il prossimo anno ci metteremo a lavorare con grande anticipo per depositare la legge di bilancio nei tempi previsti”, garantisce. Ma è l’elenco delle promesse, anzi delle “priorità” per il futuro, il capitolo più corposo. Prima tra tutte, quella che ha definito più volte la madre di tutte le riforme: il (semi)presidenzialismo. “Questa riforma la voglio fare, sono disposta a parlare di tutto, non ho preclusioni ma la voglio fare”, sottolinea Meloni, anticipando che ci potrebbe essere anche “una iniziativa del governo”. Confronto aperto, assicura, ma con una avvertenza: “Non sarò così sprovveduta da non cogliere eventuali atteggiamenti dilatori”.

Nell’elenco delle pratiche da affrontare con urgenza, la presidente del Consiglio mette anche la riforma della giustizia su cui si comincerà a lavorare “nei prossimi mesi”. “Credo che il governo, mettendo insieme le varie anime della maggioranza, abbia una visione equilibrata su questa materia”, sostiene. Altro impegno elettorale su cui Meloni dice di voler “andare avanti”, senza però prendere impegni sulla tempistica, è la riforma dell’Irpef. Su un punto però la presidente del Consiglio mette le mani avanti: perché il governo avrà pure centrato gli obiettivi del Pnrr per quest’anno ma “ora si entra nella parte difficile” perché quegli impegni si devono trasformare in cantieri. Come non avesse mai fatto polemica sull’eredità ricevuta, peraltro, la presidente del Consiglio si dice contenta che “la staffetta” con il governo Draghi abbia “funzionato”. Anzi, al suo predecessore riserva una serie di lusinghe. “Mi rendo conto ovviamente dell’eredità e anche dei paragoni che si possono fare, lo trovo affascinante e penso che questo debba spingere me e il governo a dimostrare che si può fare bene. Non direi mai meglio, figuriamoci non lo direi mai…”.

Decisamente meno fair play nei confronti dei partiti dell’opposizione coinvolti nel Qatargate che, a suo giudizio, dovrebbe piuttosto essere chiamato “socialistgate”. “Una cosa – afferma – mi ha innervosito ed è che molti colleghi definiscano questi fatti con la locuzione ‘italian job’, come fosse una macchia sulla nostra nazione. La vicenda non riguarda solo l’Italia, semmai è tema di un partito”, “riguarda una famiglia politica”. E a proposito di famiglie politiche, Meloni difende la sua e l’albero genealogico del suo partito. Le polemiche sulle celebrazioni della nascita del Msi, dice, l’hanno “molto colpita” e non perché tutto ha avuto origine dai post di un esponente del governo come Isabella Rauti o di Ignazio La Russa, seconda carica dello Stato. “Il Msi – sottolinea – ha avuto un ruolo nella storia della Repubblica, quello di traghettare verso la democrazia milioni di italiani che erano usciti sconfitti dalla guerra. E’ stato un partito della destra repubblicana, ha eletto presidenti della repubblica, pienamente presente nelle dinamiche democratiche della nazione”. Il 25 aprile, promette però, lo celebrerà.

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