Giorgia Meloni ‘striglia’ il suo partito, in cui non tutti avvertono il peso della “responsabilità” e ‘assolve’ Matteo Salvini sul caso dell’inchiesta Anas che coinvolge Denis e Tommaso Verdini. Dopo due rinvii per motivi di salute, la presidente del Consiglio è arrivata alla conferenza stampa di fine anno consapevole di dover affrontare due ‘casi’ che, negli ultimi giorni, stanno mettendo in fibrillazione la maggioranza e il governo.
Il primo è quello del deputato Emanuele Pozzolo, che nella notte di Capodanno ad una festa a cui era presente anche il sottosegretario Andrea Delmastro ha portato una pistola da cui – per circostanze ancora da chiarire – è partito un colpo che ha ferito un uomo. Un episodio che ha fatto infuriare la premier, che oggi aveva pronta la risposta per cercare di chiudere la questione. Pozzolo, ha detto, ha mancato al dovere di custodire l’arma con “responsabilità e serietà” e per questo ha chiesto agli organi di garanzia di Fdi di sospenderlo. Questa vicenda, per lei, non solleva un problema di selezione della classe dirigente del partito, ma mostra un tema di “responsabilità” evidenziato anche in altri episodi. “Sicuramente – scandisce – non sono disposta a fare questa vita, con la responsabilità che ho sulle spalle, se le persone che sono intorno a me non capiscono quella responsabilità. Su questo sono rigida”.
La premier perde poi la pazienza quando un cronista parla di “conduzione familiare” del suo partito. “Questa accusa continua di familismo – si scalda – comincia a stufarmi. Nell’attuale legislatura ci sono due coppie di coniugi, entrambe a sinistra: una nel Pd e una in Si. Il gruppo di Si è di 8 persone, queste due persone sono il 25% del gruppo. Non ho mai sentito accuse di familismo. E sa una cosa? Sarebbe sbagliato farlo! Chi conosce la storia di chi milita nella politica sa che la politica diventa spesso tanto altro, che quando dedichi alla politica tutto quello che hai, accade che le persone che fanno politica con te diventino anche i tuoi amici, fidanzati, tuo marito e tua moglie. Ma questo non vuol dire togliere il valore di un militante politico. Questo tema non l’ho mai posto io e non accetto che questo lavoro si faccia con me. Mia sorella è militante da 30 anni di Fdi e lavora a Fdi, forse la potevo mettere in una partecipata statale come hanno fatto per diversi altri parenti, ma non me la sono sentita”.
Non c’è una “questione morale”
L’altra ‘grana’, politicamente anche più rilevante, è l’inchiesta della Procura di Roma sugli appalti Anas, che vede Tommaso Verdini agli arresti domiciliari e il padre Denis indagato. La premier è cauta, invita ad “attendere il lavoro della magistratura” ma difende il suo ministro delle Infrastrutture e vice Salvini, cercando di mettere al riparo l’esecutivo. “Sicuramente da quello che ho letto – spiega – le intercettazioni fanno riferimento al precedente governo, Salvini non viene chiamato in causa e quindi non ritengo che Salvini debba riferire in aula su questa materia”. Comunque, attacca, “è sempre un errore quando si tenta di trasformare un fatto come questo in un caso politico, in questo caso contro il governo”. Sicuramente dunque per Meloni non c’è una “questione morale” come sostenuto da Giuseppe Conte, che non può “farmi lezioni di morale” dato che “è stato indagato e non si è dimesso, Virginia Raggi è stata indagata e Conte l’ha sostenuta alla ricandidatura a sindaco, Beppe Grillo è stato indagato e Conte gli ha fatto la solidarietà”.
Il caso Degni nel mirino
Piuttosto, accusa, la cosa “che mi fa paura è che si consideri normale” che “persone di nomina politica” come il consigliere della Corte dei Conti Marcello Degni, “anche se nominate a incarichi super partes, si comportino da militanti politici” perché “questa è la mentalità che ha devastato le istituzioni della Repubblica” e su questo “mi attendo una risposta parte del segretario Pd Elly Schlein e magari anche da chi ha nominato questa persona”, ossia Paolo Gentiloni. La premier torna poi ad adombrare “attacchi” di chi – ma non fa esempi – “pensa di poter dare le carte”, di operare dei “condizionamenti” sull’esecutivo ma ha trovato “la persona sbagliata” perchè “non sono una persona che si spaventa facilmente”. Venendo all’anno appena iniziato, la premier annuncia che due “priorità” sono la riforma della burocrazia e la riforma della giustizia, ma anche il premierato, che inizierà il suo percorso parlamentare.
Premierato e legge elettorale
“Una delle riforme più importanti che si possono regalare all’Italia, di cui vado fiera”, con cui “non tocchiamo i poteri del presidente della Repubblica” mentre “si crea un equilibrio che rafforza la stabilità del governo”. Meloni è consapevole che difficilmente la riforma raggiungerà la maggioranza qualificata in Parlamento e dunque ci sarà il referendum, ma lei non vuole fare “come Renzi” che fu costretto a dimettersi: “Il referendum – mette le mani avanti – non è su di me, perché io sono il presidente di questa nazione. Il referendum è sul futuro di questa nazione”. Per quanto riguarda la legge elettorale da associare, eventualmente, al premierato, ancora non si è fatta un’idea ma la soglia “ci deve essere per forza”, per il premio di maggioranza “ci vuole un range che non sia troppo alto tra i voti che si prendono e le persone che si eleggono” e “io sono favorevolissima al ritorno alle preferenze, all’abolizione delle liste bloccate”.
Il 2024 sarà anche un anno di test elettorali, per le comunali (su cui il centrodestra deve trovare “prima possibile” un accordo) e sulle europee che però non saranno – assicura – un’occasione per cambiare gli assetti del governo: “Non voglio e non lavoro a un rimpasto dei ministri, sono contenta della mia squadra”.