Meloni vuole un governo “autorevole” e presto

Restano i nodi Mef e Ronzulli. Belloni: non farò il ministro

giorgia meloni

Giorgia Meloni

Sulla carta il giorno buono potrebbe essere mercoledì, quando Silvio Berlusconi arriverà a Roma per fare la registrazione di rito da neo ri-eletto senatore. Eppure, non è affatto scontato che il leader di Fi, Giorgia Meloni e Matteo Salvini tornino davvero a vedersi nelle prossime ore. Perché la composizione del governo presenta ancora troppi ostacoli e dopo il pessimo esito del vertice di Arcore di sabato, c’è ancora bisogno di tempo per avvicinare le posizioni. Il primo vero test è ovviamente quello dell’elezione dei presidenti di Camera e Senato, partita che sembra quasi chiusa con la decisione di candidare Ignazio La Russa a palazzo Madama e un leghista (forse Riccardo Molinari) a Montecitorio.

Ma è il Tetris del governo quello che fatica a incastrarsi e le ragioni sono principalmente due: la prima è la difficoltà per la premier in pectore a trovare il nome giusto per il ministero dell’Economia. Più passa il tempo più l’operazione si complica. Dopo il no di Fabio Panetta, la leader di Fdi ha proposto agli alleati Giancarlo Giorgetti che però Matteo Salvini difficilmente può accettare. Il secondo nodo è ancora il ruolo di Licia Ronzulli che Silvio Berlusconi vuole a tutti i costi seduta al tavolo del Cdm. “L’ho detto agli alleati e lo dico anche a voi che siete la squadra di Fratelli d’Italia in Parlamento: puntiamo a dar vita a un governo autorevole e di altissimo livello, che parta dalle competenze”, ha spiegato Giorgia Meloni incontrando alla Camera tutti gli eletti del suo partito. “Puntiamo a dare a questa nazione il governo più autorevole possibile. Non c’è spazio per questioni secondarie rispetto a questo obiettivo”.

Più che via telefono o con incontri faccia a faccia, viene spiegato, il confronto su come coprire le diverse caselle in queste ore avviene attraverso l’invio di un ‘foglietto’ con i desiderata, di volta in volta aggiornati, degli alleati. Nella ‘lista della spesa’ della Lega, dopo la rinuncia di Matteo Salvini a pretendere di tornare al Viminale, ci si focalizza soprattutto sui ministeri (Infrastrutture, Agricoltura, Riforme, o Affari regionali per l’Autonomia), mentre i possibili candidati a una poltrona – oltre allo stesso segretario – sono Rixi, Locatelli, Centinaio. Nell’elenco di Forza Italia a dominare sono invece i nomi. Tra cui ci sono appunto quello di Antonio Tajani (per il quale sembra sempre più vicina la Farnesina), quello di Anna Maria Bernini e, soprattutto, di Licia Ronzulli. Giorgia Meloni ha già detto no all’ipotesi che vada alla Salute, ma l’interessata non vorrebbe nemmeno accettare un dicastero di poco peso.

Sempre in quota Fi, inoltre, potrebbe arrivare alla Cultura Alberto Barachini, presidente uscente della commissione di Vigilanza Rai, a meno che in quella casella Meloni non preferisca l’attuale consigliere di amministrazione di viale Mazzini, Giampaolo Rossi. In quel caso al senatore azzurro potrebbe spettare la delega all’Editoria. In queste giornate di tattica e strategia, comunque, ufficialmente tutti intonano lo stesso mantra: “No veti”. Ma se Silvio Berlusconi lo dichiara perché non vuole ritrovarsi ancora una volta con dei ministri che non ha scelto lui, i colonnelli di Fdi lo ripetono per sgombrare il campo dalle polemiche. “Non si parte da veti né da persone ma dalle competenze, noi siamo rispettosi delle istituzioni”, afferma il capogruppo Francesco Lollobrigida. Intanto, Elisabetta Belloni, direttrice generale del Dipartimento informazioni per la sicurezza (Dis), fa sapere che “no, non farò il ministro” perché “faccio un altro lavoro”. In questi giorni il nome della Belloni è emerso più volte, nelle cronache giornalistiche, per ricoprire l’incarico di ministro degli Esteri nel prossimo governo.