La cancelliera della Germania Angela Merkel ha fatto sapere che si rifiuta di negoziare un nuovo piano di aiuti alla Grecia prima dell’esito del referendum di domenica 5 luglio. Una doccia fredda alla risposta di Atene che all’offerta tentata in extremis dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, ha proposto un accordo di finanziamento su due anni. Proprio per discutere la nuova richiesta di aiuti presentata dalla Grecia, l’Eurogruppo dei ministri delle Finanze è stato convocato per una riunione in teleconferenza alle 19. “Il governo greco – ha riferito la segreteria di Tsipras – ha proposto un accordo su due anni con il meccanismo di stabilità europeo” ovvero il secondo fondo salva Stati europeo, l’Esm “per la piena copertura del suo fabbisogno di finanziamento e la simultanea ristrutturazione del debito”.
Intanto, il ministro delle Finanze della Grecia, Yanis Varoufakis, ha confermato che Atene non intende pagare 1,6 miliardi di euro in scadenza verso il Fondo monetario internazionale. Ha risposto laconicamente “no” ai giornalisti che lo attendevano al ministero, e che gli hanno chiesto se il Paese avrebbe onorato il pagamento. Se, come promette il suo ministro, la Grecia non pagherà entro le 18 di Washington (mezzanotte in Italia) gli 1,6 miliardi di euro in scadenza verso il Fondo monetario internazionale, la sua messa in mora sarà immediata. Si tratterebbe della più grande insolvenza nella storia del Fmi e secondo il Financial Times sarebbe senza dubbio da catalogare come un “default”.
La direttrice Christine Lagarde ha messo le mani avanti, chiarendo che notificherebbe “immediatamente” il mancato pagamento al direttorio. E questo passo avrebbe delle conseguenze negative sui debiti di Atene verso le istituzioni europee. In particolare il “vecchio” fondo salva Stati Efsf si vedrebbe comunicare formalmente l’inadempienza, con tutte le ricadute che questo avrebbe nel bloccare ipotetici futuri esborsi verso Atene. Tuttavia in base allo statuto del Fmi, non è il mancato pagamento in sé a far scattare la procedura. Serve la notifica al Board da parte del direttore generale il quale ha trenta giorni. E successivamente il direttorio ha fino a tre mesi per assumere una posizione formale verso lo Stato inadempiente. Diversi analisti avevano formulato ipotesi ottimistiche sul fatto che in questo modo la Grecia avrebbe avuto alcune settimane, fino ad un intero mese prima di vedersi dichiarare insolvente.
Ma secondo il Ft erano ipotesi basate su normative interne desuete, posto che il Fmi ha già applicato a favore di Atene cavilli del suo regolamento (con l’accorpamento delle rate di giugno in un pagamento unico a fine mese, che ora rischia di saltare). A cascata ci sono poi i rimborsi alla Bce che detiene un consistente pacchetto di titoli di Stato ellenici e difficilmente l’Eurotower potrebbe ignorare il mancato pagamento al Fmi. In ogni caso la Grecia perderebbe immediatamente l’accesso ad altri finanziamenti di Washington. E l’ipotesi di proroga del programma di aiuti Ue serviva a sbloccare una nuova tranche di fondi a favore di Atene, per 7,2 miliardi di euro, di cui circa la metà sarebbero dovuti arrivare proprio dal Fmi. L’imminente ipotetica insolvenza sarebbe la più grande mai avvenuta al Fmi, con la Grecia che è anche il maggiore debitore verso l’istituzione con 35 miliardi di euro a seguito di due piani di salvataggio portati avanti dal 2010 in poi. Per il resto del 2015, ricorda il Ft, deve risarcire altri 5,5 miliardi di euro. L’ultimo caso di uno stato insolvente verso il Fmi risale al 2001, si trattava dello Zimbabwe per 112 milioni di dollari.